Regia di JT Mollner vedi scheda film
Due sconosciuti, un uomo (Gallner) e una donna (scopriremo che si fa chiamare The Electric Lady, ed è interpretata da una Willa Fitzgerald dal talento sorprendente), vanno in una stanza di motel per dei giochini sadomaso, con tanto di parole d'ordine. Soltanto a metà film conosceremo l'identità dei due e perché si trovavano insieme in quella stanza. Impossibile dire di più, se si vuole evitare spoiler.
Diviso in sei capitoli (ma si parte dal terzo) più un epilogo, il secondo film scritto e diretto da JT Mollner è un autentico gioiello thriller con venature horror (ma la violenza, per lo più, resta fuori campo). Il racconto è girato in 35 mm - come tiene a precisare un cartello iniziale che pare più feticistico che necessario - e si apre con una dichiarazione ambigua: il film sarebbe tratto dalle testimonianze delle vittime di un serial killer realmente esistito. Sarà vero? Forse sì, forse è solo un'altra trappola per spettatori suggestionabili. L'incastro ha più di un debito con Tarantino (e un pizzico di De Palma), ma ciò che sorprende è la dialettica sui ruoli di genere, che qui vengono scompaginati con insolenza. Mollner gioca con i nostri automatismi spettatoriali: chi è la vittima? Chi il carnefice? Dove finisce la messa in scena e dove inizia la realtà? La narrazione antilineare è il trucco che regge tutto, eppure non si limita alla furbizia: è un dispositivo teorico e visivo calibrato con cura millimetrica. Il risultato è un film disturbante e seducente, che si diverte a disorientare lo spettatore e a riflettere sui nostri bias. Non piacerà a chi cerca morale facile (talebane del #metoo, astenersi, prego) o una comoda catarsi. Ma chi saprà lasciarsi spiazzare ne uscirà con qualche certezza in meno e un'idea più chiara di quanto, oggi, i generi - quello cinematografico e quello sessuale - siano tutt'altro che innocui.
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