Regia di Jake Schreier vedi scheda film
Trentaseiesimo film del Marvel Cinematic Universe e l'ultimo della cosiddetta Fase Cinque, Thunderbolts*, annunciato qualche anno fa, non era sicuramente il film più atteso dalla critica e nemmeno quello che potesse far salire l'hype del pubblico ma si è rivelato comunque un’ottima sorpresa e un’aggiunta importante, e piuttosto interessante, per alcune delle dinamiche che inevitabilmente si porterà dietro in quella (enorme) macro-trama che è l’MCU.
Gioco#1: Scopri l'intruso.
Scritto da Eric Pearson, co-sceneggiatore di Thor - Ragnarok e Black Widow, e Joanna Calo, autrice di commedie drammatiche e che ha lavorato, tra le altre cose, anche a The Bear e BoJack Horseman, alla regia troviamo invece Jake Schreier, attivo in ambiti televisivi e di video musicali, Thunderbolts* (probabilmente il primo film con un asterisco a fine titolo) è non solo un blockbuster decisamente insolito ma anche una scommessa piuttosto audace, un gruppo di insoluti perdenti e supereroi minori di casa Marvel che affrontano (ovviamente a modo loro) la depressione e il mal di vivere e, coerentemente con le intenzioni, riesce a mescolare piuttosto bene tra loro azione, ironia e drammi emotivi (e psicologici).
Un racconto che alla mancanza di uno scopo nella vita e all'incapacità di costruire delle relazioni sane (ma ne esistono poi davvero di “realmente” sane?) viene data una sua particolare chiave diegetica per costruirvi attorno un inusuale (anche irrispettoso?) ritratto supereroistico dove depressione (o malattia mentale) e onnipotenza (o arroganza) finiscono per definire i limiti, estremamente sottili e ingannevole, di eroismo ed egoismo (e soggettivismo?).
Una commedia (perché di questo si tratta) che non snatura affatto la formula di successo dei Marvel Studios, adottando anzi una struttura narrativo che ricorda moltissimo lo storico e seminale crossover di Joss Whedon del 2012 (Marvel’s The Avengers), e temi ormai collaudatissimi, come quella di personaggi traumatizzati che si ritrovano ad aiutarsi tra loro formando una specie di famiglia alternativa/disfunzionale che ha fatto la fortuna di un certo James Gunn (Guardiani della Galassia), ma riconducendoli comunque a un concetto, per quanto alternativo, di eroismo molto più intimistico o personale.
James Buchanan Barnes, detto Bucky, il deputato più cool della storia della politica americana.
Per ovvie ragioni, alcuni dei personaggi sono forzatamente meno centrali di altri nell’economia della storia, così come minore è anche lo spazio riservato alle rispettive backstory (in parte perché già mostrate precedentemente, in film o serie TV) ma tali personaggi contribuiscono comunque alla riuscita del film, questo grazie a un cast in gran forma e ben definito, ai cui estremi troviamo le interpretazioni sopra le righe di David Harbour, che porta sulle proprie spalle quasi tutta la componente comica del film riuscendo al contempo ad essere intenso e profondo come “padre” di Ylenia e Eroe della Patria ormai decaduto, e di Julia Louis-Dreyfus, spietata manipolatrice & assassina ma assolutamente (?) adorabile, mentre al centro di tutto troviamo la sempre più convincente Florence Pugh, che porta splendidamente sulle spalle sia il film che tematiche angosciose come l’elaborazione del lutto, la depressione o l’apatia.
Con buona pace di un po' ingessato Sebastian Stan, un Bucky presunto “leader” e collante (istituzionale?) di una banda di male assortiti ma che non riesce a imporre la sua leadership, e di Wyatt Russell, "falso" Cap America nella serie del 2021 riprendendone in buona parte le tematiche già proposte, seppur in termini più emotivi e decadenti.
Hannah John-Kamen rimane per lo più sullo sfondo, poco approfondita rispetto a quanto già presentato nel secondo capitolo di Ant-Man mentre la Taskmaster di Olga Kurylenko fa poco più di un cameo.
Tra le new entry, da segnalare l’ottimo lavoro di Lewis Pullman nel tratteggiare un personaggio complesso come quello di Sentry (meglio conosciuto come Bob!) e Geraldine Viswanathan.
Quale sarà mai la sorpresa dietro l'asterisco? (non sbirciate!)
In definitiva, Thunderbolts* è un film che funziona, diverte ma è, al tempo stesso, umile e sobrio, propone tematiche inusuali per il genere adottando un’ottica più personale o addirittura anti-climatica, promuovendo i personaggi piuttosto che l’epica e lo spettacolo troppo fine a sé stesso, e puntando su una morale tutt’altro che scontata, di questi tempi.
VOTO: 7,5
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