La recensione su Safe House 1618

di undying

3 stelle

Un malriusciuto mix di azione, thriller e horror girato a costi contenuti e con attori occasionali. Il solito "indie" americano, del quale nessuno sentiva la mancanza.

Tre sorelle criminali - Joelene (Jasmine Day), Lee (Matison Card) e Jamie (Brittney Carpenter) - rapiscono e uccidono il figlio di Gallagher (Andrew Hook), un senatore del Colorado, per quello che è stato fatto in passato ad una di loro. In seguito, assieme all'autista Craig (Jesse Davis), riparano in una casa isolata per sfuggire alla polizia. Nel frattempo il senatore ingaggia un serial killer, affidandogli il compito di eliminare le tre fuggitive.

Indie, o meglio no-budget, che parte con una certa grinta, per poi arenarsi dopo una quindicina di minuti e finire per diventare il solito insieme di riprese monotone, perlopiù interpretate da attori occasionali e allo sbaraglio. Non aiuta, a rendere più interessante il film, l'aspetto androgino delle tre ragazze. Siamo dalle parti di Hideout (Kris Roselli, 2021), se non altro per un soggetto molto simile, ma qui Calvin T. Shepherd, regista con all'attivo altri due lungometraggi mai distribuiti, non riesce a creare la giusta atmosfera che possa rendere interessante il girato. Al contrario, Safe house 1618 conduce lo spettatore verso la più fastidiosa monotonia, evocata da una storia che vuole essere troppe cose (poliziesco, dramma, thriller, horror) senza mai riuscire a centrare un obiettivo. Non è spettacolare, è mal recitato e rende l'idea, con il passare dei minuti, di perdere tempo prezioso durante la visione. Un avviso iniziale annuncia che sono contenute nel film sequenze con luci intermittenti, che potrebbero infastidire alcuni soggetti, in particolare epilettici. Ci si riferisce all'abuso di scene con tonalità virata in rosso e ad una sequenza lisergica vissuta da uno dei personaggi sotto effetto di droga, in ogni caso realizzate male come tutte le altre. Perché in USA si continuano a distribuire, e soprattutto premiare, prodotti così? Questa duplice domanda, destinata a rimanere senza risposta, è l'unica sensata riflessione che può essere fatta giunti, sfiniti, ai titoli di coda.