Regia di John Landis vedi scheda film
Il mito dei Blues Brothers continua, imperituro e inarrivabile, ma solo per la meravigliosa prima missione per conto di Dio. Il resto è noia.
La rimpatriata con vecchi compagni è un peccato che devono scontare tutti. Che siano di scuola, di università, di lavoro o di band, prima o poi tocca a tutti fare la classica reunion per ricordare i vecchi tempi andati. Landis prova a farlo con un vero e proprio mito del cinema, richiamando a se i viventi ed aggiungendo qualche nuovo amico a fare da sostegno (il numero di comparse celebri è davvero notevole), ma come accade anche nella realtà, il ritrovarsi dopo anni, invecchiati e magari senza il componente più brillante della compagnia, lascia una sensazione di amarezza e malinconia che non compensa il piacere del rivedersi. Questo è il film. Sicuramente lo è per quelli che hanno amato la prima inarrivabile missione per conto di Dio. Tutto appare meno energico, meno brillante, meno epico, ma al contempo più chiassoso, esagerato, fuori misura. La regia non riesce nemmeno a dare un tono più ironico al prodotto, ricercando l'omaggio sotto una veste differente, mantenendosi su una modalità narrativa scimmiottante, troppo condizionata dal passato che si vuole richiamare e dall'irraggiungibile alchimia che si cerca di formare. L'unica certezza è che il vero mito che continua è quello di "The Blues Brothers". Stonato.
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