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Punto di non ritorno

Regia di Paul Anderson vedi scheda film

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La recensione su Punto di non ritorno

di YellowBastard
5 stelle

Già dai titoli di testa, tra grafica dozzinale e Heavy metal di sottofondo in perfetto stile B-Movie anni’80 (ma il film è del ’97), Punto di non ritorno, in originale Event Horizon, promette (e mantiene) ciò che da lì a poco si palesa davanti ai nostri occhi, ovvero una pellicola disomogenea, (tremendamente) volutamente derivativa del genere horror/fantascientifico.

Ed è proprio qui il vero peccato originale di una pellicola che, soltanto con un po' di coraggio in più, avrebbe avuto tutti i numeri per un solido film di fantascienza alternativo e (potenzialmente) scorretto.  

 

Punto di non Ritorno è ritornato | News | IlCinemista

 

In fondo l’incipit iniziale non solo era molto buono, non soltanto l’introduzione teorica della missione è formidabile ma l’intuizione scientifica alla base dello script aveva addirittura del profetico, anticipando l’impiego dei gravitoni (particelle di cui la scienza ne aveva solo ipotizza l’esistenza matematica senza però averla ancora dimostrata sperimentalmente) come propulsione interstellare che solo oggi, alla luce delle conoscenze odierne, si ritiene effettivamente possibile per immaginare una macchina capace di creare una curvatura dello spazio tale da consentire la percorrenza di distanze ad oggi impossibili (a dirla breve, è il teorema che permetteva il viaggio interstellare in Interstellar di Cristopher Nolan).

 

Si tratta in pratica di creare un buco nero ad energia controllata e la ricerca aerospaziale oggi va proprio in questa direzione, sfruttando campi e fionde gravitazionali, anche con diverse sperimentazioni sia al CERN di Ginevra, con la creazione di mini-buchi neri sfruttando l’acceleratore di particelle, che al MIT o al JPLab della NASA.

Averlo (indovinato?) previsto con vent’anni d’anticipo ha quasi dell’incredibile.

 

PUNTO DI NON RITORNO ALL'INFERNO - GIORNALE POP

 

Ma a parte questo, una sceneggiatura quindi con una forte impronta scientifica e anche una certa visionarietà nella spettacolarità delle navi spaziali e dei loro interni, Punto di non ritorno declina purtroppo tale visionarietà in un abuso di stereotipi horror/splatter (spesso) abbastanza ridicoli, effetti speciali spesso pacchiani e un ricorso all’horror anni’80 ormai fuori tempo massimo.

 

Alla regia viene chiamato un giovanissimo Paul W.S. Anderson, all’epoca privo di W.S. e con sole due pellicole alle spalle (uno dei quali era Mortal Kombat con Christopher Lambert, per dire) e, successivamente, salito alla (gloria?) ribalta con la saga di Resident Evil, che ha la stramba (!) pretesa di mischiare il Sacro con il Profano e di ispirarsi, per il suo lavoro, contemporaneamente all’Alien di Ridley Scott e al Solaris di Andrej Tarkovskij, il Kubrick di 2001 - Odissea nello Spazio con quello di Shining, il romanzo Sfera di Michael Crichton del 1987 (la cui versione cinematografica, di Barry Levinson, uscirà l’anno dopo), e unendo l’immaginario cosmico/orrorifico Lovecraftiano con quello infernale di Clive Barker (non a caso si diffuse sul web la congettura, non del tutto campata in aria, che il film fosse effettivamente collegato al mondo di Hellraiser) e inserendovi anche scenari splatter ispirate all’inferno dantesco, con anche citazioni in latino arcaico in un contesto futuristico con viaggi intergalattici attraverso buchi neri artificiali.

 

An Event Horizon TV Series Adaptation Is Currently In The Works At ...

 

Ed è proprio nell'abbracciare, con l'entusiasmo di un nerd di dodici anni invitato a un festino di Playboy a casa Hefner, tutte queste implicite “fascinazioni” che Anderson varca il suo personalissimo orizzonte degli eventi, il suo punto di non ritorno.

Per quanto il plot sia comunque interessante, e possa offrire diverse possibilità di sviluppo, dall’horror psicologico a quello introspettivo, il regista Paul (non W.S.) Anderson si limita a mettere insieme tutta una serie dei peggiori stereotipi della fantascienza hollywoodiana infarcita, tra l’altro, dell’insulsa retorica strabusata del “ci siamo spinti troppo oltre (con la scienza) e verremo puniti per questo”.

 

Se a questo aggiungiamo il fatto, poi, che il film è stato inoltre mutilato di diverse sequenze splatter dagli executives della Paramount, spaventati dalla possibile reazione della censura (o del pubblico), passando dai 130 minuti iniziali proposti dal regista ad appena poco più di 90 minuti e trasformando quindi in una bozza appena accennata ciò che il regista e lo sceneggiatore Philip Eisner (L’Incendiaria, Mutant Chronicles) avevano immaginato.

 

Savor The Journey: Event Horizon (1997) — Mostmortem

 

Davanti alla macchina da presa troviamo invece due attori all’epoca sulla cresta dell’onda come Laurence Fishbourne, due anni prima del Morpheus di Matrix, e Sam Neill, direttamente da Jurassic Park e (soprattutto) Il seme della follia di John Carpenter, e un cast che comprende Joely Richardson, Sean Pertwee, Jason Isaacs, Kathleen Quinlan, Richard T. Jones e Jack Noseworthy.

 

VOTO: 5

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