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Les rendez-vous d'Anna

Regia di Chantal Akerman vedi scheda film

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La recensione su Les rendez-vous d'Anna

di alan smithee
8 stelle

locandina

Les rendez-vous d'Anna (1978): locandina

CINEMA OLTRECONFINE : CINÉMATHÈQUE DE NICE

Anne Silver (una Aurore Clément bellissima, statutaria, con due grandi occhi azzurri da cerbiatto) è una regista belga sui trentacinque anni, impegnata in una serie di viaggi in Europa Centrale per la promozione del suo nuovo film. Muovendosi prettamente in treno, la donna si sposta tra la Germania Ovest, il Belgio e la Francia.

Sola, itinerante, di carattere poco espansivo, la donna è costretta, dal carente tempo libero a disposizione, ad organizzare incontri con persone care che vivono non distante ai luoghi che ella raggiunge tramite appuntamenti telefonici che la donna effettua nelle varie camere d'albergo che la produzione le riserva.

Pertanto Anne, lungo il suo viaggio, riuscirà ad incontrare amici, ex amanti e familiari, il tutto mentre attraversa un'Europa occidentale grigia, uggiosa, isolata nel suo livido pallore, ma ormai omologata nella frenesia di una corsa alla produttività e al risultato che pervade ogni campo e settore economico-lavorativo.

Tra gli incontri conclusi, figura quello con sua madre (Magali Noel), quello con una sua matura, ma ancora attraente amante donna italiana (Lea Massari), così come con un amante uomo, che la viene a prendere in stazione e la conduce in un elegante camera d'hotel (Jean-Pierre Cassel). Le giornate della solitaria Anne si concludono di fatto con l'ascolto passivo della segreteria telefonica, lasciandosi passar sopra i messaggi di chi l'ha cercata.

C'è chi la chiama perché ha bisogno di chiarimenti, ci sono gli amori frustrati che cercano spiegazioni, i manager che hanno bisogno, di conferme riguardo alla fitta serie di appuntamenti necessari a promuovere il film.

Tutti esseri viventi e tribolanti che hanno bisogno di rassicurazioni dalla regista.

Ma lei a chi può chiedere aiuto?

Chi può rallegrare le sue concitate e grigie giornate trascorse a viaggiare ed in anonime camere di hotel, talvolta anche lussuosi ma anonimi, freddi, asettici?

In una Europa plumbea, impersonale, tutta ritmi vorticosi e produttività frenetica come quella di un gigantesco formicaio, la premiata e sensibile regista belga Chantal Akerman tratteggia i connotati dettagliati di una donna distaccata, incapace di stabilire connessioni profonde, anche quando riceve confidenze personali e viene invitata a partecipare a momenti di intimità.

Come un angelo od uno spettro sempre più evanescente, la donna ascolta, annuisce, pare provare una certa imbarazzata empatia verso chi la cerca, contatta o desidera, ma non riesce a regalare quel calore umano che gli altri cercano invano da lei.

Chantal Akerman usa per lo più riprese lunghe e fisse come nel celebrato film precedente, Jeanne Dielman, 23 Quai du Commerce, del 1975, privilegiando le riprese di interni austeri, disadorni o freddi, con scorci su panoramiche ove la natura appare completamente arresa ad uno sviluppo urbano implacabile e prepotente.

Tutto questo appare come un espediente utile a comunicare una freddezza di sentimenti dilagante, caratteristica di una vita magari frenetica, ma che non lascia spazio al calore di un rapporto umano votato alla condiscendenza e alla libera emanazione di sentimenti.

Tutto ciò addentro ad un Europa occidentale ove il boom economico ha nascosto da una parte gli incubi di un passato traumatico devastato da due guerre mondiali, ma anche fatto perdere il senso dello stupore e del sentimento schietto, non premeditato, cancellato da una routine asfittica, grigia, monotona, che assume le fattezze di un atteggiamento automatico, rigido, che conduce ad un'alienazione collettiva.

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