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QUARRY - NON è meglio il libro
di Andrea Fornasiero ultimo aggiornamento
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Andrea Fornasiero

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È un piccolo piacere quando si può smentire il persistente luogo comune che sia sempre meglio il romanzo di un suo adattamento filmico, ma il caso di Quarry è tra i più emblematici in cui ci si possa imbattere. Pubblicato nel 1975 – in Italia solo lo scorso settembre per Vallardi editore – il primo romanzo della serie dedicata al sicario Quarry nasce, spiega l’autore Max Allan Collins, come una volontà di spingere il modello di Westlake ancora oltre. Collins scriveva, nella riedizione americana del 2010: «All’epoca pensavo che [il personaggio di Westlake] Parker fosse in un certo senso una soluzione facile. Era un “buono” cattivo – certo duro come l’inferno, ma per lo più si limitava a rubare e uccideva solo altri cattivi [NdR: in realtà non è del tutto vero, ma non divaghiamo]. Negli anni 60 le banche e l’establishment in generale erano bersagli validi delle fantasie di rivalsa. Inoltre sia io che “Richard Stark” [lo pseudonimo letterario di Westlake] scrivevamo in terza persona: una cosa sicura, distaccata. Ho voluto spingermi più in là e il mio “eroe” era un sicario. Il libro era in prima persona. Nel primo capitolo Quarry faceva qualcosa di terribile, dando ai lettori la possibilità di uscirne subito; più avanti faceva di nuovo qualcosa di terribile, per confrontare i lettori riguardo al personaggio con cui si stavano così facilmente identificando».

 
Il risultato letterario non è però al livello di quelli dei romanzi della serie di Parker (da cui sono stati tratti il capolavoro di Boorman Senza un attimo di tregua e vari altri film), sia perché i dialoghi hard-boiled spinto di scuola Spillane a volte eccedono, sia perché l’intreccio non è altrettanto perfetto, sia soprattutto perché la prima persona rende il protagonista molto meno misterioso e affascinante, inoltre impedisce divagazioni su altre figure minori, ma non prive d’interesse, che invece si trovano in Parker.

Il rapporto dei romanzi con la serie Quarry

Le differenze con la versione televisiva, nonostante il coinvolgimento dello stesso Collins come producer e anche come sceneggiatore (suo il sesto episodio), sono enormi, tanto che si fa molto prima a elencare le poche similitudini: Quarry è un reduce, uccide l’amante della moglie e lavora per il Broker. Anche questi tre punti sono però sviluppati in modo molto diverso, nella serie TV infatti Mac Conway è marchiato dalla stampa come un criminale di guerra; l’amante della moglie non viene colto sul fatto al rientro dal Vietnam, bensì scoperto da Quarry per via delle macchinazioni del Broker; infine il rapporto con il Broker è completamente diverso perché Quarry resiste alla sua offerta e anche successivamente cerca di saldare il suo debito in altri modi e lasciare il lavoro come sicario.

Nel romanzo invece Quarry accetta immediatamente e uccide perché in fondo non ha mai smesso di farlo, sia in guerra, sia con l’amante della moglie e questo non vale solo per l'esordio del 1975, ma rimane anche nel prequel First Quarry del 2008, che racconta il suo primo incarico per il Broker. La serie invece costruisce l’intero arco narrativo principale proprio sulla progressiva accettazione del protagonista di questa propensione a fare il killer, una disumanizzazione in cui è lentamente fatto scivolare dalle abili mosse del Broker, che lo manipola e addirittura lo ricatta.

Nei romanzi non ha poi nessuna importanza la moglie Joni, perché i due divorziano poco dopo il suo rientro dal Vietnam, mentre questa è centrale nella serie Tv, così come ha largo peso la vicenda della famiglia del suo commilitone Arthur, che offre anche una finestra sulla vita della comunità nera nella Memphis degli anni 70. Nei romanzi invece non c’è traccia di Arthur o di personaggi black e del resto nemmeno sono ambientati a Memphis. Di fatto l’unico reale personaggio dei libri è Quarry, perché tutti gli altri sono funzionali e destinati a uscire velocemente di scena, spesso in modo cruento, incluso il Broker stesso.

Il tradimento virtuoso

Si capisce che l’adattamento non poteva essere fedele perché ne sarebbe venuta una serie dalla prospettiva unicamente maschile e bianca e dalla narrazione episodica, più o meno come quella di un precedural poliziesco però dalla parte di un criminale. Non stupisce dunque che il lavoro per trasporre la serie sia stato molto lungo e sia passato per un pilot rifiutato dalla rete, a firma di John Hillcoat, del resto Cinemax, che forse all’inizio cercava un erede a Banshee, aveva già preso con The Knick una direzione diversa, più matura, e si era affidata a Graham Gordy e Michael D. Fuller, due sceneggiatori provenienti da Rectify, lontanissima dall’hard boiled serrato di Max Allan Collins. La serie infatti, pur non mancando di scene d’azione per altro ben costruite dal regista Greg Yaitanes - che dirige tutti gli episodi ed è di fatto il terzo autore per lo meno a pari degli altri due – predilige un tono introspettivo, dove Quarry è ossessionato dai ricordi del Vietnam ed è braccato dalle difficoltà economiche, cosa che rimanda per esempio a certi film di quel periodo come Guerrieri dell'inferno di Karel Reisz. Così alla buona ricostruzione del mood degli anni 70 si aggiunge l’urgenza dell’attualità nella storia di un reduce affetto da grave stress post-traumatico che affronta una infruttuosa ricerca di lavoro.

Se anche l’America intorno a lui non è afflitta da una crisi economica come quella dei nostri giorni, questo non fa poi molta differenza per il protagonista e lo stesso vale per la famiglia di Arthur, che stenta ad arrivare a fine mese e assiste all’ingiusta applicazione della legge da parte della polizia razzista di Memphis. Dato il taglio molto attento ai personaggi il cast ha un ruolo centrale: dal sofferente ma letale Logan Marshall-Green, al diabolico Peter Mullan, alla magnetica Jodi Balfour e con il vagamente morboso rapporto tra Damon Herriman nei panni di Buddy e la madre interpretata da Ann Dowd, ormai una garanzia della quality Tv capace di uscire bene persino da The Leftovers

Nei suoi otto episodi, spesso impreziositi da un piano sequenza (il primo con il rientro a casa di Mac, l’ultimo con il terribile massacro in Vietnam), la serie è perfettamente compiuta anche nella struttura circolare, che nelle ultime scene del finale di stagione - lungo come un film - ritorna al prologo del primo episodio. Quarry è dunque una delle migliori sorprese di questa straordinaria annata televisiva. 

 

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