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Professionisti per un massacro

Regia di Nando Cicero vedi scheda film

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La recensione su Professionisti per un massacro

di scapigliato
8 stelle

Per Antonio Bruschini Professionisti Per un Massacro è successivo a Il Tempo Degli Avvoltoi, mentre per ImdB e per Marco Giusti è l’esatto contrario. Ciò che non cambia, oltre la presenza di George Hilton, è la buona fattura dei film di Cicero che purtroppo si dedicò al western solo in tre occasioni, l’ultima nel 1969 con Due Volte Giuda. Esordisce quindi con un film dal chiaro taglio scanzonato - mai mi stancherò di sottolineare come una cosa sia il taglio scanzonato e brillante di un film western all’italiana nato in un ambiente dove l’ironia, la leggerezza da saltimbanchi e la bizzaria sono forme estetiche di ribellione e anticlassismo, mentre un’altra cosa è la commedia che benché poggi ugualmente sulla stessa base culturale adotta chiaramente modulazioni ed intenzioni di genere diverse -, per poi passare con Il Tempo degli Avvoltoi e Due Volte Giuda in una dimensione più spietata e cinica segnando così un continuum autoriale perfettamente riuscito.

Ma il principale aspetto del film è ovviamente la giovane eredità del film di Robert Aldrich di un anno precedente. Infatti quello sporca dozzina di The Dirty Dozen segnerà il cinema a più livelli. Uno, ed è quello che ci interessa maggiormente ed il più comune ed individuabile criticamente, è la struttura narrativa, o meglio sarebbe dire l’ossatura narrativa di quello che potremmo chiamare il dozen-movie: reclutamento, formazione di un bando, missione da compiere. Tre fasi non perfettamente riproducenti i canonici tre atti di una classica sceneggiatura - prologo, sviluppo, epilogoo -, ma sicuramente rappresentativi e fondamentali per individuare all’interno di film di vario genere questo preciso filone che non determina una precisa iconografia e ambientazione, bensì un procedimento del racconto. Eredi di questo nuovo schema narrativo - probabilmente già ravvisabile in film precedenti, ma di cui The Dirty Dozen è innegabilmente il codificatore più esemplare e seminale - sono pellicole come Un Esercito di Cinque Uomini, Ammazzali Tutti e Torna Solo, Una Ragione Per Vivere e Una Per Morire e lo stesso Professionisti Per un Massacro, più moltissimi altri film che almeno in parte riproducono lo schema base del film aldrichiano formando davvero un sottofilone al’interno dello Spaghetti-Western.

Nel film di Cicero infatti tre condannati a morte, situazione più classica, vengono graziati per partecipare ad una missione ovviamente segreta e per lo più illegale, altra situazione classica, per la quale sono nettamente tagliati. Qui abbiamo solo tre compadres, ma capita di sovente che il numero aumenti anche notevolmente. Questo aiuta a creare all’interno del gruppo reclutato varie direttrici anche di segno opposto che creano precise svolte narrative. Non è il caso del film di Cicero perchè stranamente, a differenza cioè dei tanti western all’italiana, i tre protagonisti non cercano né di fregarsi a vicenda né di ammazzarsi l’uno con l’altro. Questo aspetto, tenendo in considerazione l’ipotetico taglio critico ravvisabile nel film, permette la creazione di un blocco sociale coeso, collettivo quindi e non più individualistico, come quegli anni di contestazione promuovevano.

Senza entrare però nel dettaglio di un’analisi strutturale del dozen-movie, evidenziamo con entusiasmo la prima prova western di Nando Cicero che con un buon ritmo registico gioca su un’iconografia machista dotandola di una carica direi pure comica e fumettistica da riportare su un piano giocoso e non affatto istigativo la violenza a cui assistiamo. Istigazione con cui fu bollato e processato il film alla sua uscita nelle sale, affare che comproverebbe la successiva uscita de Il Tempo Degli Avvoltoi che si beccò subito il divieto ai 18. La violenza certo non manca, e non è tutta cartoonistica come sembra. Se possiamo chiudere un occhio, o meglio ancora riderci sopra, al trasporto erotico di George Hilton quando fa esplodere i suoi amati candelotti di dinamite, non possiamo più farlo quando vediamo José Bodalo torturare il povero muto sudista o giocare al tiro al bersaglio con uno stupido peone. Nella scena della posada “La Encantada”, gestita da una grassona silenziosa che comanda a bacchetta un vecchio sguattero canterino, alla fine Hilton, così tanto per farsi quattro risate con gli amici, lancia all’interno dell’edificio, con dentro la grassona, lo sguattero e i messicanacci appena sistemati a botte e a calci, tre candelotti di dinamite. L’esplosione che ne segue non è lieve. Insomma: tutti morti. Ma di quelle morti che esistono nei cartoni animati, nei fumetti gogliardici o nei film comici. Una violenza-non-violenta che sarà poi la cifra dei film della copppia Bud Spencer-Terence Hill su intuizione di Enzo Barboni. Tutto più o meno esasperato, anche nella definizione dei personaggi - George Martin improbabile messicano dal fulvo cuoio cappelluto, George Hilton soldato spretato e dinamitardo, ed Edd Byrnes belloccio incolore messo lì credo per far numero -; esasperazione nella ricreazione delle scene impreziosite da un montaggio e da movimenti di macchina funambolici, così come esasperati sono i contenuti finali, un mors tua vita mea spaccone e gogliardico che se frega della religiosità della morte, giustamente, ed esalta il gozzoviglio della vita viva e vegeta.

Gli fa da contraltare la lunga sequenza delirante che ha per protagonisti gli abitanti di un poblado blanco come ce ne sono tanti, che poi nella realtà almeriense sarebbe El Pozo del Capitán appena fuori dai confini del Parco Naturale del Cabo de Gata, zona Poblado Blanco-Atorchas. In questo paesino vivono e capeggiano i fratelli detti Carniceros, ovvero macellai in spagnolo. Guidati da una vecchia madre dominatrice, seduta come un buddha al centro di un trono casalingo tra figlie morigerate e avventori ruffiani. I Carniceros sono capitanati da Primero, il figlio più vecchio, ovvero il solito inquietante José Bodalo, qui davvero oltranzista nel suo côté laido. Dediti probabilmente alla promisquità, sono tagliagole di una certa fama, e quando s’impadroniscono dell’oro sudista di cui i tre “professionisti” sono in cerca, la narrazione svolta decisamente verso il cinismo violento ed aspro tipico del genere, per poi sul finale tornare scanzonato e lieve. In questa celebre sequenza, oltre il celebre volto di Bodalo, appaiono donne belle come uomini - è un’ironia personale -, uomini imbruttiti dalla povertà più culturale che economica, lontani anni luce dalla modernità e legati ad un feudalismo religioso ed oscuro. Le violenze a cui assistiamo in questa sequenza sono inquietanti per l’atmosfera in cui Cicero le bagna prima di mostrarcele. L’ironia autoriale comunque serpeggia sul fondo e qualche momento ilare c’è, fino alla sorpresa della bara esplosiva che uccide Bodalo e i suoi fratelli. Anche Gerard Herter, il cattivo titolare del film, muore per un’esplosione. Atipica è così la risoluzione finale che non vede i cattivi perire in duello con i protagonisti o durante una sparatoria con gli stessi. Anche in questo il film si evidenzia per scelte bizzarre e anche efficaci, perchè ciò che rimane della vicenda è un grande atto di sottile ed ironica ribellione ai poteri costituiti, messi alla berlina dalla leggerezza dei protagonisti davanti alla morte, alla religione, alla fedeltà all’esercito e al senso della patria.

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