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Puerto Escondido

Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Puerto Escondido

di hallorann
8 stelle

Nel 1992 "Puerto Escondido" chiude la quadrilogia “on the road” inaugurata da Gabriele Salvatores nel 1989 con "Marrakech Express", passata poi per "Turnè" e "Mediterraneo". Durante la lavorazione del film Salvatores e company ebbero la notizia che "Mediterraneo" aveva vinto l’Oscar come miglior film straniero.

 

"Puerto Escondido" scritto da Enzo Monteleone (oggi regista di fiction) con la collaborazione di Salvatores e Diego Abatantuono (work in progress sul set), partendo dall’omonimo romanzo di Pino Cacucci sposta l’azione da Bologna a Milano, uno yuppie milanese figlio degli anni ’80 e non un post-sessantottino come protagonista. Il regista dedica il film a “tutti quelli che sono convinti di essere felici”. Mario, il protagonista, è convinto di esserlo: ha un buon posto in banca, una bella fidanzata, un debole per i bei vestiti e per i rolex. Un giorno assiste casualmente a un omicidio commesso da uno strano commissario, prima ferito e poi ricattato da questi è nuovamente testimone di un omicidio e a questo punto per sfuggire alle sue grinfie scappa in Messico. Qui stringe un’amicizia inizialmente sospettosa e in seguito complice con Alex e Anita, due italiani lì residenti, i quali lo iniziano a un nuovo modo di vivere fatto di espedienti e di pericolose esperienze. Significativa la frase - manifesto: la vita è un ponte, attraversalo pure ma non costruirci mai una casa sopra. Intanto il commissario si rifà vivo, ma le sorprese non mancheranno.

 

L’ex regista del Teatro dell’Elfo di Milano, nel 1983 esordisce con lo sperimentale "Sogno di una notte di mezza estate", nel 1987 firma "Kamikazen - Ultima notte a Milano" tratto dalla commedia teatrale Comedians portata al successo da lui e dalla sua compagnia di attori (P.Rossi, A.Catania, S.Orlando, C.Bisio, B.Storti, G.Alberti etc.). A partire da "Marrakech Express" si ispira alla letteratura americana della Beat Generation, al primo Wim Wenders, al mitico "Easy Rider", a "Professione: Reporter", dunque un cinema che ha come tema dominante il viaggio inteso come fuga dalla realtà.

 

L’originalità di Salvatores è stata quella di applicare questi modelli a una commedia all’italiana rinnovata sotto vari aspetti, i reduci trentenni del ’68 e del ’77 come protagonisti (specie nei primi due e nella metafora del premio Oscar del '91) e poi una nuova generazione di attori con Abatantuono capobanda. Il personaggio di Mario Tozzi, nella trasferta messicana, è un milanese “ingrassato” dal benessere e dal consumismo ante tangentopoli, lontano da casa e catapultato in un’altra terra è pavido e schifiltoso, rimpiange gli agi della società occidentale ma alla fine anche lui si piegherà ai ritmi di vita messicani. Salvatores - con questa pellicola che uscì con successo a Natale - racconta sostanzialmente il passaggio tra un'epoca e un'altra: Mario incontra dei quasi coevi lontanissimi dal suo mondo ovattato; Alex e Anita sono due freak che hanno dato un taglio reale all'edonismo. Sono due italiani che - per parafrasare "Mediterraneo" e le parole pronunciate da Lo Russo/Abatantuono - non si sono resi complici del riflusso anni ottanta, si sono ribellati e non piegati ad un sistema. E' solo fumo Mario, a proposito della marijuana da smerciare dice Anita/Valeria Golino con la sua voce di vetro al perbenista Tozzi, come dire che ormai non scandalizza più nessuno e l'amico Ugo (Ugo Conti) constata la fine di un mondo: Non vuole più rilassarsi nessuno, a proposito dello smercio impossibile della maria. I post Milano anni '80 non sono capaci di rapinare uno stronzo capitalista sfruttatore di campesinos, altro che rivoluzione. La spruzzata politica di sinistra, con la consulenza sudamericana del grande Gianni Minà, ci sta tutta. Non è terzomondismo da Leoncavallo, come scriveva qualcuno allora, è la parte residuale di una generazione politicizzata ben interpretata da Salvatores e dalla cifra assolutamente autoironica.

 

Il regista, come sua consuetudine, punta molto sulla carica umana dei suoi antieroi empatici, l’andamento avventuroso della vicenda va di pari passo con lo stile grintoso e fa dimenticare alcune inverosimiglianze presenti qua e là. Le musiche originali di Mauro Pagani sono perfette, sottolineano l'esoticità di situazioni: tra tutte Suerte slide e peyote. Stesso discorso per i brani scelti, tra cui "Hasta siempre" e "Oye como va". Nel suo cinema, inoltre, l'amicizia è un caposaldo e lo strano intreccio tra Mario e Viola, la diffidenza iniziale con la coppia e la grande amicizia conseguente ne sono una riprova di questo valore, come anche la solidarietà che scatta inevitabile.

 

Gli interpreti sono in stato di grazia: dall’esuberante Abatantuono ai fricchettoni Claudio Bisio e Valeria Golino, dal “doppio” commissario di Renato Carpentieri, al vice commissario Di Gennaro del sempre brillante Antonio Catania, fino allo spassoso cameo di Fabrizio Bentivoglio: uno sballato di Caserta che filosofeggia e profetizza il futuro di Mario. Nella località omonima del titolo è diventato un cult ed è stato proiettato ininterrottamente per quindici anni.

 

Valeria Golino, Claudio Bisio

Puerto Escondido (1992): Valeria Golino, Claudio Bisio

 

 

Diego Abatantuono

Puerto Escondido (1992): Diego Abatantuono

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