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Le vie del Signore sono finite

Regia di Massimo Troisi vedi scheda film

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La recensione su Le vie del Signore sono finite

di Furetto60
8 stelle

Bel lavoro del grande Massimo Troisi.

Camillo,l'indimenticabile Massimo Trosi,è un barbiere di un piccolo centro del sud,negli anni venti,che soffre di una malattia psicosomatica,ritiene di non essere in grado di muovere gli arti inferiori,che sente  paralizzati, senza che vi sia però una compromissione organica.Reduce da una cocente delusione sentimentale, con la sua fidanzata storica la francese Vittoria,il suo medico curante, ritiene che questa ne sia la causa e che nel suo inconscio il giovane simula la malattia per attirare l'attenzione degli altri, soprattutto del fratello Leone che lo accudisce amorevolmente e che trova in questo compito, la sua ragione di vita.In treno, durante un pellegrinaggio a Lourdes, conosce Orlando, un giovanotto paralizzato realmente, che diventa suo amico, anche se i due hanno un  temperamento molto diverso. Orlando  è timido e riservato, mentre Camillo è esuberante, chiacchierone e sedicente inventore di  medicine per ogni malanno, peraltro quella contro la calvizie è inopportuna,in tempi in cui si idolatrava Mussolini che era calvo.

Per la gioia d'un possibile riavvicinamento,con Vittoria, Camillo ritorna a camminare, ma decide di tacere della sua guarigione, per non dare un dispiacere a Orlando e compromettere l'amicizia. 

Per tentare di tirar su l'amico depresso,Camillo gli organizza un incontro apparentemente casuale con Vittoria,accompagnata dall'amica Anita, che durante la passeggiata, non fa altro che tessere le lodi del duce,insistendo come da solito canovaccio,sulla ritrovata puntualità dei treni del paese,suscitando la battuta storica:"allora non c'era bisogno di farlo capo del governo,bastava nominarlo capostazione," che verrà subito riferita alla polizia, dalla solerte sodale,causando l'immediata spedizione punitiva dei fascisti e perfino il carcere,in quanto il nostro verrà ritenuto un soggetto sovversivo e pericoloso.Quando Orlando, che è diventato un importante gerarca, gli fa condonare l'ultima parte della pena, Camillo, dopo una lite con Leone,che nel frattempo è diventato un militante del fascio,se ne va a Parigi,dove riesce a ritrovare Vittoria e l'amore e  come previsto dal medico, otterrà anche la guarigione.

Troisi traccia il suo personaggio,connotandolo sul suo stereotipo,con tipico eloquio smozzicato,i paradossi discorsivi,la ridondanza dei concetti dilatati all'estremo,il ritmo blando che sprofonda nel vortice delle sue meditazioni, le riflessioni eseguite con languida lentezza e che sguazza nei sofismi,con un atteggiamento molto “napoletano” nell’accezione più nobile del termine.Sono le sfaccettature tipiche del regista,attore,che però in questo lavoro, sembrano appesantire troppo la narrazione,ma forse quello che può sembrare un limite è invece il tratto che il regista ha voluto dare al suo film,impregnandolo di una tristezza di fondo, che accompagna lo spettatore dall’inizio alla fine della pellicola.

Massimo Troisi è stato un attore/regista estroso e geniale,ma soprattutto un artista creativo,dotato di un umorismo triste,come i giullari di un tempo,le maschere della commedia dell'arte,un Pulcinella stravagante, ambiguo e irridente, ma anche soprattutto malinconico, come Antonio Petito nella sua drammatica ultima rappresentazione del suo Pulcinella, tragico.

 

 

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