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Barry Lyndon

Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film

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La recensione su Barry Lyndon

di AlbertoBellini
10 stelle

 

In seguito al "crollo" avvenuto con l'opera (tutt'ora) maledetta 'A Clockwork Orange', Stanley Kubrick intraprese, ancora una volta, la via del peccato e dell'impossibilità di redenzione. 'Barry Lyndon', prima ed unica pellicola in costume del regista statunitense, resta ancora oggi una delle opere cinematografiche più straordinarie grazie alla perfetta rappresentazione visiva (e non) della medesima, una vera e propria testimonianza del XVIII secolo. La storia di un avventuriero, un militare, un eroe, al limite dell'ambiguità: la macchina da presa si trasforma in un pennello immerso in colori neutri, spenti ma accesi al tempo stesso, il grande schermo si trasforma in un enorme tela e il risultato è 'Barry Lyndon', una serie di dipinti che, uno insieme all'altro, compongono l'Epopea definitiva. L'intento di Kubrick non è inizialmente captabile dallo spettatore, in quanto ci troviamo di fronte ad un'opera strutturata in diverse chiavi di lettura e, sopratutto, temi trattati. Tra quest'ultimi, ciò che prevale è la psicologia umana, uno scrigno inaccessibile per molteplici autori quali Woody Allen, Ingmar Bergman e lo stesso Kubrick, che toccherà la vetta massima (secondo il mio modesto parere) soltanto con 'Eyes Wide Shut'. Il denaro e il potere nato da esso stesso sono stati, nel corso della storia, le fondamenta della corruzione umana. Sarà proprio questa la sorte di Redmond Barry, la cui mente avvelenata (già in partenza) troverà pane per i propri denti nella rozza piramide sociale del suo tempo, una scalinata che distruggerà completamente l'uomo e i propri ideali, sino alla perdita del figlio e di una gamba, culmine della rovina fisica e psicologica;

 

Se '2001: a Space Odyssey' rappresenta la Poesia e 'A Clockwork Orange' la Musica, 'Barry Lyndon' è la sintesi dell'Arte, in particolare, del Cinema e della Fotografia, una valanga la cui potenza travolse (e travolge) chiunque ebbe il coraggio di sfidarla. Coraggio, si, gli oltre 180 minuti di 'Barry Lyndon' sono senza dubbio estenuanti, tutt'altro che semplici da reggere. Ciò che si prova va oltre la semplice noia, una "punizione" potrebbe essere considerata, la stessa inferta a Redmond Barry e alla sua ancor più oscusa nemesi, Barry Lyndon. Questo non è di certo un caso, quello dell'illuminismo è sempre stato un secolo tanto amato (e odiato) da Kubrick, il perfetto "teatrino" delle proprie ossessioni verso l'umanità.

 

Il cast, composto da Ryan O'Neal (Redmond Barry Lyndon), Marisa Berenson (Lady Lyndon), Patrick Magee (Chevalier de Balibari), Hardy Krüger (Capitano Potzdorf), Steven Berkoff (Lord Ludd) e Gay Hamilton (Nora Brady), svolge un incredibile lavoro, grazie ad una serie di intepretazioni al limite della pefezione attoriale. D'altro canto, con Stanley questo era poco ma sicuro, basti pensare che Marisa Berenson venne "costretta" ad un parziale digiuno, oltre che ad astenesi dalla luce solare, acquisendo così una carnagione pallida. I costumi, le scenografie, i paesaggi e la totale (o quasi) mancanza di luce artificiale rendono la decima opera "targata" Stanley Kubrick (la quinta "Kubrickiana"), assolutamente unica nel proprio genere, ma sempre e comunque riconducibile al Genio del medesimo Autore

 

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