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La ragazza senza nome

Regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne vedi scheda film

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La recensione su La ragazza senza nome

di Furetto60
7 stelle

Tra giallo e film "sociale" Buon lavoro dei fratelli "Dardenne"

 

Siamo nei sobborghi di un paesino belga,Jenny Davin è una giovane dottoressa in carriera, un prestigioso distretto sanitario le ha proposto un incarico importante.Nel frattempo presta servizio come medico condotto in sostituzione del titolare ammalato,con lei Julien, uno studente di medicina al 5 anno, che sta facendo uno “stage”. Una sera dopo che è tracorsa un'ora dalla chiusura dell'ambulatorio, qualcuno citofona, Jenny impone al ragazzo di non rispondere, in quanto sono stanchi e potrebbero commettere sbagli, inoltre non sono tenuti a farlo, di fatto sono chiusi. Julien anche se riottoso, subisce la decisione del suo “capo”; il giorno dopo la polizia bussa alla porta e chiede di vedere la registrazione del video di sorveglianza, in quanto una giovane donna di colore, una prostituta, è stata trovata morta nelle vicinanze, ed è proprio colei alla quale Jenny non aveva aperto; lacerata dai sensi di colpa, Jenny intraprende una tormentata e meticolosa indagine personale,per restituire alla scomparsa la dignità di un nome, di un’identità e liberare il peso enorme che grava sul suo cuore, spesso intralcia il lavoro degli inquirenti, in più alcuni pazienti si lamentano delle sue intromissioni nelle loro vite, qualcuno la minaccia apertamente, tuttavia malgrado incontri e scontri decisamente pericolosi, non demorde; recupera anche il rapporto con Julien, ingiustamente stigmatizzato per la sua umanità; Jenny si muove all'interno di una plumbea periferia di una cittadina belga, alternando l'attività di medico, destinata per lo più agli indigenti, alla sua privata ricerca di quell'oscura identità, da cui è ossessionata. Un personaggio moralmente integro, che tenta di sapere, per lenire il suo senso di colpa e spingendo gli altri, a collaborare   per restituire anche a loro una dignità umana, persa nei meandri dell'anima.”La “crime story” di per sé non è molto avvincente e oltretutto è molto avara nella sceneggiatura, che è ridotta all'osso, tuttavia in compenso emergono molte idee interessanti: il senso di colpa, quello della responsabilità morale, il diritto all’identità, ad essere riconosciuti, l’attenzione per gli emarginati, quelli considerati il rifiuto della società, magari per il colore della pelle, o per la scelta di un mestiere che esercitano, non certo per vocazione ma per disperazione. Poi c'è una convincente interpretazione di Adèle Hanel, protagonista assoluta, presente dal principio alla fine del film, senza mai stancare; ritratto di una giovane donna che orienta le sue azioni nel solco di una dirittura morale determinata, tratteggiato con sobria efficacia. Non ultimo il messaggio lanciato dai registi , i fratelli Dardenne, un indice puntato contro l’indifferenza di un mondo che non vuole o non sa guardare e parlare agli ultimi e l'invito a non restare indifferenti; insomma tanti spunti di riflessione per un film che si segue volentieri, anche se non è tra i migliori dei talentosi fratelli cineasti

 





 

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