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Lui è tornato

Regia di David Wnendt vedi scheda film

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La recensione su Lui è tornato

di logos
7 stelle

Dal lontano 1944, ancor prima dell’invasione sovietica, lo ritroviamo oggi disteso in un giardinetto della zona est di Berlino, in procinto di risvegliarsi, senza tanti preamboli, spiaccicatoci in faccia: è Hitler in persona, che crede di essere ancora nel suo tempo e non si capacita affatto di come di colpo il mondo e la sua Germania possano essere cambiati. Con un incipit del genere il film non può non destare curiosità, ilarità, mistero, con equivoci e gag a non finire sin dall’inizio. Soltanto quando incontra un edicolante e si documenta per un’intera notte attraverso la lettura dei giornali, il nostro protagonista si rende conto di essere stato catapultato nel tempo. Ma quel che vede è un mondo senza più valori, dove i politici pensano solo al proprio tornaconto e tutto gli appare privo di senso, soprattutto per il miscuglio di culture presenti nella sua Berlino. Nonostante non venga riconosciuto e tutti lo prendano per un simpatico folle, un reporter (appena licenziato da un’emittente privata) scorge, sullo sfondo delle sue riprese di bambini, questo personaggio in tutto somigliante a Hitler; senza pensarci un attimo va a fargli visita presso l’edicola, sperando in uno scoop spettacolare che lo reinserisca nell’emittente televisiva.

 

Grazie al reporter, Hitler ha modo di essere filmato, e in un batter d’occhio vi è un vero e proprio effetto virale nella rete di YouTube. In questo modo, il reporter crede di poter contrattare con la sua emittente, ma appena Hitler viene presentato alla direttrice assistiamo a un capovolgimento: la direttrice è entusiasta di questo folle che crede di essere Hitler perciò decide di inserirlo in uno spettacolo serale di satira, mentre il reporter diventa l’assistente privato dell’attore-non attore Hitler.  E qui assistiamo alla scena clamorosa: il pubblico attende il discorso del folle comico, ma Hitler aspetta, per creare un clima di tensione, dove scompaia l’ilarità. Soltanto a questo punto, e in modo molto severo, prende la parola per dire quanto è caduta la Germania, e tira fuori la parola fondamentale: abisso. La Germania è caduta nell’abisso, ma soltanto attraversando l’abisso sarà in grado di recuperare se stessa. Un Hitler che in certi momenti pare lo stesso Heidegger, anche se poi, a pensarci bene, le somiglianze non sono poi così tanto impossibili da immaginare.

 

Non solo: Hitler con i suoi discorsi infiamma la gente, ma la gente non sa che lui, proprio lui, è il vero Hitler. Perciò come fece ai suoi tempi, inizia a far leva sulla paura della folla, colpendo innanzitutto l’immigrazione, fonte di tanto imbastardimento a scapito della razza, dell’impoverimento dei tedeschi, dell’abbassamento del loro quoziente intellettivo, con tutti gli annessi e connessi. Il consenso si diffonde, con la scusa che questo personaggio sia nient’altro che un Comico.  E come comico può permettersi di insultare la Merkel, con pieno accordo della gente, che per lo più ha bisogno di identificarsi con un capo carismatico non disponendo di una testa personale. Oramai Hitler ha l’emittente televisiva in pugno, e se qualche neonazista lo vuole fermare come ignobile traditore della causa malmenandolo, ciò non può che procurare ulteriore notorietà al comico, al quale viene attribuita in più una maggiore legittimità perché lo contraddistingue dagli stessi neonazisti. E così la notte dei lunghi coltelli viene consumata e tutto è pronto per girare un film sul ritorno di Hitler.

 

Ma che fine ha fatto il suo assistente? Lui è l’unico ad aver scoperto che era il vero Hitler, ma proprio per questo lo ritroviamo sedato con la camicia di forza, dopo aver gridato invano, in modo concitato, in ospedale, in presenza di Hitler ancora malmenato, di aver scoperto la verità.

 

Il film in Germania si è rivelato un vero e proprio successo, e il regista David Wnendt non ne è stato sorpreso, dal momento che un film del genere attira comunque l’attenzione, sia per ridere di Hitler o per qualche forma velata di nostalgia o per entrambe le cose. Ed è interessante notare come il Comico, ossia proprio Hitler, dica le stesse cose e nello stesso modo dei populisti di tutta Europa. Nelle intenzioni del regista, il film dovrebbe essere uno spunto di riflessone: fino a che punto la Germania ha fatto i conti con la sua colpa? Fino a che punto, in realtà, la Germania non ha mai fatto i conti con il nazismo? e anzi, nella sua dimensione medio e piccolo borghese ne è ancora vincolata, in un modo più stringente degli stessi rappresentanti di Alternative für Deutschland, che lo stesso Hitler, nel film, non si stanca di prendere in giro, per la loro mollezza. E si noti, questi sono rappresentanti reali, che pur di comparire in un film hanno accettato di essere ripresi e parlare mentre l’interprete di Hitler si addormenta per la loro noiosità.  

 

Un film che denuncia se stesso, con la presenza di interviste in cui non attori esprimono pensieri reazionari viscerali, in cui si nota tra la gente reale, in una parte di essa, l’odio verso la politica, la democrazia, l’Europa, in uno sfogo con l’attore che interpreta Hitler.  Un film da non perdere, che non solo riprende il bestseller di Timur Vermes, del 2012, ma fa vedere come la realtà sociale contemporanea sia davvero pronta ai muri, ai lager, pur di tutelare la nazione dallo straniero. Un film dunque che con il pretesto di Hitler è davvero contro l’Unione europea così come essa è, ma anche contro i vari populismi. E per assurdo, l’unico a salvarsi sembra essere proprio Hitler, che indirettamente appare come il messia. E qui davvero il film si contorce su se stesso, fino ad accusarsi per accusare; ma questa è un’operazione troppo complicata e irta di ostacoli perché anche un film di questo genere possa davvero fare centro. 

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