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Fai bei sogni

Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film

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La recensione su Fai bei sogni

di Gangs 87
4 stelle

All’età di nove anni, Massimo perde la madre. Massimo prova a realizzare i suoi sogni e a condurre una vita normale. Diventa un giornalista apprezzato e si lega ad una donna che ama profondamente ma il fantasma di sua madre e la sua morte, in parte misteriosa, lo tormentano. Decenni dopo, quando deve vendere l'appartamento dei genitori, le ferite della sua infanzia tornano a sanguinare e lo conducono ad una verità dolorosa e inaspettata.

 

Tratto dall’omonimo romanzo, autobiografico, di Massimo Gramellini. Un romanzo intimo e coinvolgente a cui Marco Bellocchio si ispira ma che stravolge, evidentemente per esigenze di copione, finendo per privarlo, spero involontariamente, della sua essenza più caratteristica: i sentimenti.

 

Diffidente da sempre verso le trasposizioni letterarie, che quasi mai riescono a traslare visivamente tutte le emozioni che un libro consente di percepire, mi sono lasciata convincere dal regista che si è incaricato di tale fardello convinta che la maestria di Bellocchio potesse in qualche modo farmi provare le stesse sensazioni avute durante la lettura del romanzo e invece sono stata prontamente delusa.

 

Il film scorre lento, si fissa su certi aspetti e prolunga i tempi di racconto di situazioni spesso riproposte. È ridonante la messa in scena del forte legame che unisce Massimo alla madre il cui ricordo ritorna spesso ad interrompere l’esistenza del bambino ormai uomo. Non serve a rafforzarne il concetto ma solo a riaffermare, ogni volta, l’ossessione e il tormento che il protagonista si porta dentro; il tentativo di rappresentare il tormento di Massimo è sicuramente necessaria in fase di presentazione dei fatti narrati e dei personaggi ma diventa poco opportuna e alquanto dispersiva se viene ripetuta assiduamente.

 

La “colpa” della non riuscita di questa pellicola è anche da identificarsi nell’erronea scelta degli attori. Passi pure per Valerio Mastandera (che risulta comunque migliore di ogni altro attore incluso nel progetto) che in ogni modo sembra trasudare inidoneità per tutta la visione, Guido Caprino è freddo e inespressivo, alquanto inopportuno nei panni del papà di Massimo, senza dubbio molto più congrua l’interpretazione di Barbara Ronchi in quelli della madre prematuramente scomparsa.

 

Questa indolenza recitativa che sembra proprio di quasi tutti gli attori interpreti, trascina la visione in un’agonia che si fa via via sempre più acuta fino a condurre al tanto desiderato finale capace di mettere fine al supplizio. Occasione perduta di poter trasformare un valido romanzo in un film altrettanto lodevole.

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