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Rams - Storia di due fratelli e otto pecore

Regia di Grímur Hákonarson vedi scheda film

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La recensione su Rams - Storia di due fratelli e otto pecore

di OGM
7 stelle

Non basta cercare di sopravvivere. Bisogna anche avere una valida ragione per farlo. Che, magari, si scopre, inaspettatamente, a posteriori, quando (non) è troppo tardi.

Una storia lucida e stanca. Congelata nei ghiacci d’Islanda, stretta nella scia sottile della fine del tempo. Due anziani fratelli, vicini di casa, entrambi allevatori di pecore, non si parlano da quarant’anni. Comunicano tra loro solo tramite messaggi scritti, appesi al collare di un cane. Un giorno la tragedia si abbatte sulla loro valle: uno degli animali risulta affetto da scrapie, e la legge prescrive che tutti gli ovini siano eliminati. Può essere l’inizio di un dialogo, ma non nel modo che si crede. Mentre l’ostilità e le incomprensioni continuano, ad avvicinare i due uomini sarà un infantile spirito del gioco: un commovente sotterfugio, un cinico gusto dello scherzo, un’antica gelosia familiare sapranno preparare il terreno ad una complicità dimenticata, ma tutta da riscoprire, che affonda le radici nei primitivi legami di sangue, ed è così forte  da resistere al gelo. La scorza, di per sé, è ben dura da infrangere, soprattutto perché è circondata dal silenzio, e dal vuoto che si sta creando intorno. Gli amici, privati della loro unica fonte di reddito, stanno progettando la fuga. E una lunga tradizione sta per interrompersi, probabilmente per sempre. Ma è proprio quando tutto tace che, laggiù, in uno spazio profondo e nascosto,  comincia a farsi sentire il battito del cuore. Può essere anche solo il raschio di uno zoccolo contro l’asse di una recinzione. O lo scalpitare di un montone in calore. Un rumore che rivela la continuità della vita, della voglia di esserci e sfidare il mondo.  Può anche essere un respiro che l’alcool e le temperature polari non riescono a spegnere, il timido segnale proveniente da un corpo immerso nella neve, apparentemente inerte, ma pronto a risorgere, armato della solita collerica ed ottusa insofferenza. Una cocciuta renitenza al richiamo della morte è la flebile fiamma che riscalda un paesaggio in disarmo, spalmato di rassegnazione, uniformemente dipinto di abbandono, freddamente governato dalle regole, però animato, in un angolo appartato, da una selvaggia e isolata ribellione. In quel deserto della generale rinuncia, la disobbedienza e il rancore sono le uniche energie in grado di produrre un racconto, di turbare il quadro con un’irriverente anomalia, che annoda in maniera fantasiosa i lacci tra passato e futuro, e consente di guardare oltre. Kiddi sviene tante volte ma non muore mai. Gummi potrebbe non curarsene, e invece lo salva. Una razza di pecore si sottrae all’estinzione.  Là sotto, da qualche parte, è sepolto il mistero che non segue la logica dell’inevitabilità, perché risponde ad una necessità più prepotente, più irrazionale, e si esprime in un linguaggio in codice. Una fine traccia genetica scalfisce la grigia superficie dell’inverno, indicando una via. Un’alternativa magari folle e disperata, ma concreta e viva come la sostanza della carne, che è calore e nutrimento, e agli istinti si presenta nuda, come la verità.

 

Rams ha concorso, come rappresentante dell’Islanda, al Premio Oscar 2016 per il miglior film straniero.      

 

scena

Rams - Storia di due fratelli e otto pecore (2015): scena

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