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King Arthur: Il potere della spada

Regia di Guy Ritchie vedi scheda film

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La recensione su King Arthur: Il potere della spada

di lino99
6 stelle

La nuova versione di Artù presenta l'insolita regia di Ritchie

locandina

King Arthur: Il potere della spada (2017): locandina

 Guy Ritchie è un regista che fa sempre discutere e riesce a dividere il pubblico: dal cult "Snatch" allo scult "Travolti dal destino", remake del filmone di Lina Wertmuller. Anche questo suo nuovo adattamento della leggenda di Re Artù ha ricevuto già le critiche più disparate, da alcuni accusato addirittura di essere al limite del trash, o, più semplicemente, un polpettone. La principale fonte della sceneggiatura scritta da Ritchie, Harold e Wigram è l'opera letteraria "La morte di Artù" di Malory del xv secolo, un mix di varie testimonianze francesi e inglesi sul Re e i Cavalieri della tavola rotonda, e il fulcro della storia risiede nell'accesa rivalità tra il protagonista e suo zio Vortgyn, sovrano senza scrupoli e con tanta sete di potere da sacrificare i propri cari a delle creature magiche, richiamando quasi il profondo messaggio dell'anarchia del potere molto caro all'ultimo Pasolini. La magia, l'elemento fantasy, è diffuso nella pellicola grazie soprattutto alla mitica spada Excalibur, che comanda Artù, permettendogli di sbaragliare un intero esercito alla stregua di un supereroe Marvel, ma soprattutto alla convivenza in questo mondo tra maghi e creature come serpenti e i soliti elefantoni, e umani, che progressivamente formeranno la solita resistenza contro il regime del sovrano che conferma ancora una volta la veridicità della teoria della ciclicità della storia di Vico. Non si può di certo dire che la regia di Ritchie sia convenzionale, ma se da una parte riesce ad abbreviare un lasso di tempo conferendo alle scene più ritmo ed esigendo la concentrazione dello spettatore, come quella della formazione di Artù, cresciuto in un bordello ma diventato abile guerriero già in giovane età, dall'altra a volte esagera, come in quella della spiegazione dell'incontro coi vichinghi, che potrebbe far venire un pò di mal di testa. Tra l'altro c'è una certa differenza tra la prima parte, ricca di scene con dialoghi inutili colmati dal serrato montaggio di Herbert, ma anche di molte sequenze spassose (da ricordare quella in cui dichiara ironicamente di non avere intenzione di combattere), e la seconda, che riesce a intrattenere di più e presenta molti momenti d'azione ben fatti, tra frecce e improvvisi scatti d'ira della spada, resi epici dalla bellissima soundtrack di Daniel Pemberton. Di certo la qualità del film è incrementata dagli attori: il sovrano Jude Law, che ha già lavorato col regista; Eric Bana, il primo Hulk cinematografico, ma soprattutto Charlie Hunnam, che credo sia il più adatto a interpretare la figura di Artù, carismatico, valoroso, ironico al momento opportuno, sicuro di sé ma allo stesso tempo incerto sul suo destino, che deve accettare in ogni caso. La sceneggiatura invece rimane a mio parere un pò confusa, forse perché molte cose andranno chiarite con i prossimi previsti 5 capitoli. Inoltre chi cerca una storia nuova si mantenga proprio lontano da questo lunghetto film (circa 2 ore), da vedere per le interpretazioni e consigliato agli amanti dei film d'avventura, d'azione e fantasy, che apprezzeranno la concitazione della seconda parte e il fragile equilibrio tra lo speciale e il normale.

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