Regia di Joachim Rønning, Espen Sandberg vedi scheda film
Da La maledizione della Prima Luna, passando per La maledizione del Forziere Fantasma, la saga de I Pirati dei Caraibi ha sempre mescolato esperienze cinematografiche diverse, fondendo la struttura ad intreccio (tipica ad esempio delle commedie inglesi) con la formula classica Disney, ancorandosi al passato ma con lo sguardo sempre teso verso il futuro. La cosa che mi ha entusiasmato di questo quinto capitolo è ancora una volta la maniera con cui si passa spontaneamente dal vecchio cinema, quello delle scenografie artigianali e dei teatri di posa (la scena della “fuga con la banca” si svolge chiaramente dentro un set cinematografico e non in un ambiente realisticamente costruito), con la modernità data dal ringiovanimento digitale e dagli effetti speciali avanzatissimi. In un momento, verso la fine, la polena del galeone prende addirittura vita come le statue nei lavori in stop motion di Ray Harryhausen.
Quello che invece non ho digerito è l’uso sconsiderato di cliché triti e ritriti per allungare una storia che sarebbe potuta durare trenta o addirittura quaranta minuti in meno. Ma se quello della sceneggiatura è un problema che affligge praticamente da sempre la saga di Jack Sparrow, quello della lunghezza media eccessiva dei film contemporanei è un dato generale su cui toccherà riflettere seriamente prima o poi.
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