Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film
La trasposizione del Vangelo di Matteo più fedele al testo messa in scena da un irregolare. Paesaggi scarni, volti scabri e anti-hollywoodiani, nessun effettazzo speciale (vale la critica al cinema cristologico americano di adesso come di cinquant'anni fa), una delicatezza di fondo accompagnata ad un sincero rispetto per la vicenda umana del Cristo. La sezione centrale, con le prediche e le parabole, è forse il momento in cui il film appare più lento, almeno visto con gli occhi di chi è stato abituato alle fiction televisive che dopo 15 minuti e tre miracoli si interrompevano per lasciar posto agli spot. In realtà è di una poesia struggente.
La Passione secondo Matteo e i canti africani. Il genio di Pasolini.
Il gesto di affetto di un regista che fa interpretare alla propria madre il ruolo di Maria dovrebbe bastare a giustificare la straordinaria autenticità del dolore di questa donna.
Scelta anti-convenzionale, un Gesù dai tratti marcati e mediorientali, più vicino alle icone bizantine che ai fotomodelli dalla barba lunga e dagli occhi azzurri che affollano il repertorio del cinema cristologico.
Il "cinema di poesia" alle sue massime possibilità. Una retorica dei volti che riescono a parlare da sè.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta