Espandi menu
cerca
Silence

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

Recensioni

L'autore

AlbertoBellini

AlbertoBellini

Iscritto dall'8 febbraio 2015 Vai al suo profilo
  • Seguaci 37
  • Post 3
  • Recensioni 177
  • Playlist 1
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Silence

di AlbertoBellini
8 stelle

locandina

Silence (2016): locandina

 

Suoni striduli di grilli immersi nella natura, aumentano progressivamente - un po' come la batteria iniziale di Whiplash - schermo nero. Vuoto. Silenzio; è Martin Scorsese a parlare.
Ideologia che da sempre persiste nel cinema di Joel ed Ethan Coen, la quale ritorna a marcare più che mai in quella meraviglia (da molti incompresa) di A Serious Man, è che in questo mondo - come in un qualsiasi altro - non può esistere alcun Dio. O almeno, non il Dio a cui tutti noi ci riferiamo quotidianamente. Secondo la coppia di fratelli-registi, il cinema è la sola cosa che può essere definita Dio. Scorsese la pensa diversamente al riguardo, eppure film come Taxi Driver o After Hours porterebbero a credere il contrario. Si potrebbero dire molte cose riguardo Silence, poichè molte sono le cose di cui discutere. Ma alla fin fine, al di là dei vari punti interrogativi e/o riflessioni scaturiti da ogni singolo spettatore, ciò che inconfutabilmente resta e perdura è la pura essenza di tutte quelle immagini che sono apparse - e subito scomparse - nei centosessanta minuti di durata. Immagini che narrano, senza il bisogno di ausilio alcuno. Immagini laceranti, delle quali è impossibile descriverne a parole l'infinita bellezza silenziosa. Il Silenzio, omonimo progetto che Scorsese si portava con sè sin dalle riprese de L'ultima tentazione di Cristo, quando ricevette il romanzo di Shusaku Endo, ispirato ai tragici fatti avvenuti nel Giappone del XVII secolo, ove il multiculturalismo altro non era che un insieme insignificante di lettere. Lo shogunato Tokugawa, autentico difensore della propria antica cultura, diede inizio ad una violenta persecuzione nei confronti dei padri gesuiti, approdati nel Paese del Sol Levante per diffondere la parola del proprio Dio cristiano. L'opera si concentra su padre Rodrigues e padre Garupe, partiti dal Portogallo con l'intento di ricercare il loro mentore, padre Ferreira, e radicare nelle isole giapponesi la fede cristiana.
Martin Scorsese - cattolico convinto, autodefinitosi "prete che non ha ricevuto la chiamata" - non punta il dito contro nessuno (non sono comunque mancate le voci che lo hanno definito becera propaganda cristiana); al contrario, egli si sofferma ad ascoltare i propositi e le decisioni di ognuno, riflettendo sul significato della devozione umana nei confronti di qualcosa/qualcuno superiore all'uomo, sul significato che tale fantomatico (a tratti ossessivo) silenzio possiede realmente - il quale assume la posizione di un vero e proprio comprimario nel racconto. Se quella di Mel Gibson era la passione di Cristo, l'ultimo tormento di Scorsese è la passione dei cristiani. La Via Crucis che dovrà affrontare padre Rodrigues - interpretato da un bravissimo Andrew Garfield, il quale si libera finalmente dalle catene degli orridi Amazing Spiderman - lo accosterà metaforicamente al Gesù Cristo che ha tanto pregato e adorato, invanamente. Il messia lo ha abbandonato, come fece Dio, mentre osservava suo figlio inchiodato alla croce. Dovrà fuggire, nascondersi, assistere alla morte, rinnegare la propria natura e la propria religiosità e veder rinnegare quella altrui. Lo stesso vale per padre Garupe, il sempre grandioso Adam Driver che si muove sullo schermo con fattezze attoriali, di volto e corpo, uniche. Silence è l'epopea scorsesiana definitiva sulla violenza e la religione, e sul rapporto che queste due hanno avuto (e continuano ad avere) nel corso della storia. Un racconto formale, personale, nel quale la macchina da presa mette a nudo l'uomo, il regista e l'uomo dietro al regista, la cui visione è tanto affascinante quanto complessa ed imprevedibile. Perché pochi altri cineasti al mondo si sognerebbero di dirigere una gigantesca opera-critica sull'eccesso, sul potere che ha il (Dio) denaro sugli uomini tramutatisi in lupi, sviscerandone ogni minima sfaccettatura, per poi affrontare le differenze etniche e culturali, e tutte le altre tematiche oltremodo delicate che Silence propone. Ed è affascinante notare il 'come' queste tematiche ci vengano proposte: il viaggio alla ricerca di una figura paterna che ha, in un certo senso, convertito la propria persona, passando al lato opposto, quello che ha sempre "combattuto" (e qui sta la colpa dei cristiani), non può che riportare alla mente quel capolavoro assoluto di Apocalypse Now; padre Ferreira (un Liam Neeson come non si vedeva da anni e anni a questa parte), ormai privo di fede, sembra voler ricalcare (o perché no, omaggiare) il leggendario colonnello Kurtz di Marlon Brando. «L'orrore... l'orrore» recitò prima di esalare il suo ultimo respiro, lo stesso orrore che si ripresenta in Silence, riversandosi, più che nelle sequenze di tortura, in quei momenti ove si percepisce come la dottrina renda l'essere umano un qualcosa di insignificante e debole, ma al contempo, dotato di una forza interiore incontrastabile. Tutto ciò richiede inquivocabilmente il giusto tempo (breve o elevato che sia, a seconda di ognuno) di sedimentazione (e meditazione) interiore. La lentezza, da molti denunciata, è relativa, soggettiva; per il sottoscritto è una falsa illusione, sopratutto quando in casi come questo lo schermo ci reca dolore fisico e morale, senza fare alcuna distinzione tra credenti e non.

Questa è la potenza di Silence. La potenza del cinema di Martin Scorsese; e non si può far altro che rendere grazie. In silenzio.

 

Andrew Garfield, Shinya Tsukamoto

Silence (2016): Andrew Garfield, Shinya Tsukamoto

Liam Neeson

Silence (2016): Liam Neeson

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati