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Ave, Cesare!

Regia di Ethan Coen, Joel Coen vedi scheda film

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La recensione su Ave, Cesare!

di AlbertoBellini
9 stelle

Capitalismo e scienza invadono la folle comicità dei fratelli Coen, dando vita ad un maestoso omaggio al cinema (e non solo).

 

Se c'è una cosa che, da sempre, abita il mondo cinematografico di Joel ed Ethan Coen, quella è l'imprevedibilità. Annoverare suddetti autori in un determinato genere è, pressoché, impossibile. Spaziando per il gangster-movie con 'Miller's Crossing', il thriller comico con 'Fargo' e la totale esplosione del proprio ego artistico con 'The Big Lebowski', ce li ritroviamo oggi sul set di una metacinematografia che ha preso il pieno controllo della situazione. Per farla breve:

 

Eddie Mannix, noto fixer (persona incaricata di risolvere problemi) della Hollywood anni '50, è alle prese con il caso della scomparsa di Baird Whitlock, uno tra gli attori di maggior successo. Da un set all'altro, il buon samaritano dovrà scoprire la verità che sconvolgerà l'intera situazione.

 

Mannix diventa Ulisse nell'odissea che ricalca, sotto diversi aspetti, 'O Brother, Where Art Thou?'. D'altra parte, è chiara la metafora sulla religione, nella quale il protagonista rappresenta un Gesù Cristo ricoperto dai numerosi peccati altrui. Hollywood sarà anche il magico luogo dove i sogni prendono forma, ma non è un paese per comunisti.

 

 

In concomitanza con gli esperimenti sulla bomba all'idrogeno, la giungla dei Capitol Studios accompagna il viaggio di Eddie, che incapperà in set tanto stravaganti quanto gli individui che vi ci abitano. Qui verremo sommersi da una valanga di citazioni e omaggi a persone, luoghi o opere provenienti dall'età d'oro della settima arte, come lo stesso Eddie Mannix, produttore realmente esistito; Baird Whitlock rispecchia, inequivocabilmente, la classica figura dell'attore possente e affascinante ma non particolarmente risoluto, un po' alla John Wayne. Non dimentichiamoci poi il sottotitolo del colossal in lavorazione, "A Tale of the Christ", lo stesso di 'Ben-Hur'. L'ampio metacinema, citato inizialmente, provocherà una catena senza fine di "film nel film", con tanto di voce narrante. Tra i più memorabili, il musical 'No Dames', formalmente discutibile, con un Channing Tatum alla massima potenza e, in particolare, le coreografie acquatiche di Scarlett Johansson, divina come non mai nel ruolo della femme fatale. Ciò che risplende, più di ogni altra cosa, è l'osannazione dell'arte, un osannazione paragonabile (forse) solo alle note, composte da J. Strauss, danzanti nell'infinito di '2001: a Space Odyssey'. Con quest'ultima affermazione non si vuol paragonare la qualità delle due opere, ma l'incredibile passione che i propri autori hanno riposto in entrambe. L'ultima fatica dei Coen è pura poesia psichedelica, un'onda che ci rammenterà, costantemente, ciò che noi tutti amiamo più di ogni altra cosa: il Cinema.

 

Come per l'intera filmografia, in 'Ave, Cesare!', captare nell'immediato i segnali inviati dai Coen non è affatto semplice. Basti pensare alla sequenza d'apertura, un primo piano del Cristo crocifisso (inevitabile rimando agli odiosi otto), la quale metterà subito in chiaro il pazzo, ma geniale, stile dei registi in questione. La prima visione lascerà facilmente interdetti, sopratutto lo spettatore meno incallito e affamato di una narrazione che va oltre il profondo significato della stessa.

 

 

Cast a dir poco stellare, composto da Josh Brolin (Eddie Mannix), George Clooney (Baird Whitlock), Alden Ehrenreich (Hobie Doyle), Ralph Fiennes (Laurence Lorenz), Jonah Hill (Joseph 'Joe' Silverman), Frances McDormand (C.C. Calhoun), Tilda Swinton (Thora e Thessaly Thacker) e i già citati Channing Tatum (Burt Gurney) e Scarlett Johansson (DeeAnna Moran).

 

'Ave, Cesare!' ('Hail, Caesar!'), spensierata dichiarazione d'amore nei confronti di un'era, cinematografica e hollywoodiana, morta e defunta, nonché, feroce critica al potere politico (e religioso) dell'Occidente. Ave, Cinema. Ave, Coen.

 

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