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Suburra

Regia di Stefano Sollima vedi scheda film

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La recensione su Suburra

di lamettrie
9 stelle

Uno stupendo thriller, assai realistico sulla criminalità italiana, e il suo intreccio forte con la politica ed anche, specialmente a Roma, le alte sfere della Chiesa (di cui non bisogna mai dimenticare come, con Sindona e non solo, abbia riciclato i soldi delle mafie, usati per favorire imprese non meno losche).

Sollima incalza bene con i disorientanti cambi di piani: tra Vaticano, politica nazionale, camorra vista tra le mura domestiche (stile Spada), criminali nei locali (peraltro le scenografie sono curatissime, come anche le luci). Il (presunto) alto e il basso della società sono fusi, come effettivamente sono: fanno parte di un unico blocco, dedito al malaffare, mentre la differenza è solo di facciata. Attendibile la rappresentazione, non così scontata perché in parte nascosta al mondo reale, degli zingari, alla Casamonica.

Il protagonista è l’individualismo amorale senza freni: l’avidità ha bisogno di solidificarsi in potere. Poi però i rischi sono all'ordine del giorno, e l'ansia, la solitudine vera e la tristezza sono inevitabili.

La politica si serve di manovalanza mafiosa, quando ha bisogno di ricattare, o di prendere voti. I vantaggi tra criminali e politici sono reciproci. «Se ti servono soldi, non c’è problema. Possiamo ricattare tutti», dice il massimo boss mafioso locale, che non ha nessuno al di sopra di sè. Ma, tra politici e criminali, a comandare sono maggiormente i criminali.

La politica viene usata solo per interessi personali: alla fine, poi, la corruzione vince sempre. Non dà spazi veri per chi ha dei valori, ma solo per chi vuole entrare a far parte di una associazione a delinquere. «Uno come me, arrivato dove sono arrivato io, un parlamentare della repubblica italiana, se ne fotte della magistratura», può dire il gran tessitore della corruzione, interpretato da un Favino perfetto per la freddezza. Che pretende da Berlusconi un posto bloccato in lista, in modo da evitare la galera. Con tutto questo senso civico, non è un caso che, per sacrificarsi per il bene pubblico, abbia scelto Forza Italia. Doppia faccia e degrado, morale e politico, sono ben affrescati, dietro il paravento di propaganda e retorica (ben simboleggiata dal nome della fondazione politica “Risorgi Roma”, dietro cui si celano affarismi delinquenziali assai ben curati). Favino bacia i figli a letto, mentre lascia sparire la prostituta minorenne, morta fra le sue braccia per overdose. Peraltro la droga è un ingrediente irrinunciabile di questi ambienti altolocati, dove scorre a fiumi. 

Stupenda la sceneggiatura, basata sul romanzo di Bonini e De Cataldo, ma anche sull’inquadramento storico (nel decisivo 2011) di Rulli e Pretaglia: colpi di scena, ritmo, collegamenti arditi e sorprendenti arricchiscono un film che dura più di due ore, ma non annoia mai. Ben descritti sono fenomeni criminali pervasivi come l’usura e la speculazione edilizia, specialità di camorra e altri («le famiglie del sud hanno tanto da investire», dice Sandokan, il papa dei mafiosi romani, interpretato da Amendola, straordinario nella sua flemma, vero artefice dei delicati equilibri della criminalità: la quale, grazie al crimine imperversante e impunito, ha molta più liquidità della concorrenza onesta, che può così agevolmente strozzare. Un contesto che almneo dal 2009 era stato già ben mostrato come reale, dalle inchieste sulla “terra di mezzo”, in cui furono coinvolti Buzzi, Carminati, il centrodestra: l’ennesimo pezzo di storia prontamente dimenticato dall’elettorato italiano, che da poco ha rimesso il governo in mano alla stessa congrega di malfattori dipinta anche in questo film. Ma, di certo, il centrosinistra tradizionale non è alieno da queste pratiche marce: «Se ci saranno nuove elezioni, cercheremo un nuovo politico, magari dall’altra parte», ricorda il navigato Sandokan.

La sceneggiatura mostra anche tantissimi altri pregi: la passionalità, l'immediatezza  e la semplicità dei romani; la grinta dei mafiosi; il lato umano dei criminali stessi, colti nei loro rapporti affettivi, autentici quando anche bestiali; il senso incoercibile della vendetta.

Memorabili tecnicamente tante scene d’azione: la sparatoria al centro commerciale; la guida criminale per l’ansia dopo gli omicidi; la camera mossa nell’irruzione in casa del politico; il rottweiler che mangia il padrone…

La fotografia è splendida, così come il montaggio, con le sue scene agghiaccianti improvvise.  

Ma il film è impreziosito particolarmente da una colonna sonora stupenda, ipnotica, di Catalano.

Ragguardevoli le interpretazioni: oltre a quella già citate, grande come sempre Germano, ma pure il giovane delinquente in ascesa Borghi, nonché gli zingari Ferrara e soprattutto Dionisi, e le ragazze Scarano e Gorietti, nelle non facili parti di due squilibrate, che per farsi mantenere danno prova di grande intraprendenza.  

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