Regia di Giuliano Montaldo vedi scheda film
Fucilazioni di civili innocenti in mezzo alla strada, in pieno giorno, riempiendosi la bocca di slogan cruenti e completamente fuori dalla realtà: il fascismo. Qui all'ultimo atto, la risibile farsa di Salò, che comunque riuscì a seminare sangue e terrore nel nord Italia e così pure fra le stesse truppe repubblichine. Più che la convinzione, potè la disperazione. I fascisti di Salò si aggrappano ad una realtà da loro stessi inventata, cercando di fuggire a quella materiale in cui gli alleati e i partigiani stavano finalmente liberando la nazione dalla loro ignobile sozzura. Montaldo - al suo primo lavoro - non sembra particolarmente ispirato, alterna il girato alle immagini di repertorio accompagnate da voce fuori campo, ma sembra voler fare eccessivamente il punto sulla tragedia psicologica di quei 600 giorni, prima ancora che sull'impatto che essi ebbero sulla storia della nostra nazione. E' un lavoro che, pur con meriti storiografici ed immerso nel suo rigore logico ed ideologico, risulta un po' scialbo e decisamente lento. Particina per Moschin.
Settembre 1943, i fascisti fuggono a nord e fondano un'immaginaria repubblica in quel di Salò, riordinando le milizie. Fra di loro, un giovane si arruola con poca convinzione, che scema pian piano che vede il perpetuarsi di inutili e gratuite violenze sui civili al grido di abominevoli slogan inumani. La farsa sanguinaria dura 600 giorni, poi finalmente alleati e partigiani spazzano via gli ultimi residui di questa stupida e cruenta barbarie. Stremato, impaurito, scoraggiato, il ragazzo riesce a salvarsi, o, meglio, a 'tornare in patria'.
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