La recensione su Altman

di alan smithee

9 stelle

VENEZIA 71. MOSTRA INTERNAZIONALE DI ARTE CINEMATOGRAFICA – DOCUMENTARI

“Il cinema è come un castello di sabbia: lo guardi e costruisci ogni particolare, ma quando il film finisce tutto si appiattisce come se il mare fosse tornato a cancellare ogni dettaglio, e tutto rimanga solo come un impalpabile ricordo della mente”...questa più o meno la bellissima ed efficace metafora almaniana” che apre questo splendido documentario su uno dei più grandi cineasti di tutti i tempi. Un aggettivo, quello di “altmaniano”, che molti suoi attori (tra i molti, tutti notissimi, segnalo l presenza di Robin Williams, suo Popeye sfortunato e geniale totalmente incompreso), interrogati a bruciapelo, provano a definire, ad esplicitare, choarire una volta per tutti: ognuno ha una sua definizione in particolare: ma in ogni caso la libertà di espressione, la tenacia nel restare fedeli a ciò che si vole fare, al discorso che si desidera portare avanti, diviene il trait d'union per contraddistinguere qusto grandissimo maestro del cinema.

Un cineasta nato con la televisione e divenuto celebre per le sue numerose regie in telefilm anche celebri come i due episodi di “Alfred Hitchcock presenta” o la serie con “gli elicotteri” che gli permise di incontrare la sua terza e definitiva moglie, ora vedova presente in ogni celebrazione dedicata al consorte, e dunque presente pure in questa occasione, accompagnata dall'attore che lo seguì sempre lungo tutta la carriera, Michael Murphy. Il regista Ron Mann ripercorre in ordne cronologico tutta la carriera variegata del maestro, forte di quasi quaranta titoli, quasi tutti celebri se non celeberrimi, uniti a comporre la storia di un uomo che sembra davvero un film, una montagna russa di sali-scendi che hanno alternato una lunga carriera, e motivata principalmente dalla sana intransigenza a proseguire dritto e sicuro per la sua strada.

“Sono sempre andato dritto per la mia strada, nel bene e nel male, sono gli altri che hanno fatto le curve e mi hanno preso, lasciato, ritrovato”.E' emozionante ritrovare parti dei suoi capolavori, episodi della vita dell'autore che si supponevano, ma d cui non si conoscevano i particolari, come la vicenda del trapianto di cuore avvenuto subito dopo la fine di Kansas City nel 1996.

E il ricordo di un Altman magrissimo e consumato dalla malattia in quesgli anni, e solo pochi anni dopo tornato in forma sia fisicamente sia come smalto cinematografico, quadrano e sono la prova di una vicenda volutamente non resa pubblica per evitare che i produttori gli impedissero di proseguire con la sua voglia di creare e fare cinema.Altman, il documentario sul grande maestro, è un film prezioso ed emozionante, necessario per capire l'uomo e il cineasta, e ripercorrere una vita bella come il migliore dei suoi film.

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