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Bota Cafè

Regia di Iris Elezi, Thomas Logoreci vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Bota Cafè

di laulilla
7 stelle

È stato, all'uscita, presente in poche sale e solo per brevi periodi, nei mesi estivi. Ora è visibile in streaming: merita, secondo me, almeno un’occhiata.

 

In una semideserta e squallida Albania di paludi, zanzare e solitudine, quasi un non luogo lontano dal mondo, vive July (Flonja Kodheli), una giovane donna cresciuta ed educata grazie alla nonna, Noje (Tinka Kurti), che si era presa cura di lei dopo che la sua giovane madre, divorziata, era morta d’infarto all’improvviso. Questo era ciò che July conosceva di sé: la nonna era ora così vecchia che stava perdendo la memoria, cosicché spesso la scambiava addirittura per la propria figlia sfortunata.
La condizione di estrema povertà in cui entrambe vivevano non aveva permesso alla ragazza di dedicarsi alla sua grande vocazione creativa, le piccole composizioni decorative di colorati collages nelle quali eccelleva; faceva, invece, la cameriera al Bota Café, insieme a Nora (Fioralba Kryemadhi), bella e gioiosa fanciulla, amante di Beni (Artur Gorishti), il cugino sposato di July, nonché proprietario di quel locale ed equivoco faccendiere.
Il Bota Café era sorto nel deserto paludoso di quel luogo e poteva contare su qualche raro cliente abitudinario che, incrociando mandrie e greggi, arrivava con l’auto per la colazione del mattino, in genere prima di immettersi sulla strada principale a dieci chilometri.
Questa realtà, quasi senza tempo, era solo apparentemente immobile, però: un’autostrada avrebbe presto collegato anche il villaggio di July e di Nora al resto del mondo. Era l’occasione da non perdere, per assicurare al locale una clientela più vasta e forse più ricca: Beni ci contava e allo scopo aveva organizzato persino una serata di festa con tanto di fuochi artificiali in onore dell’impresa italo-albanese che si stava occupando del progetto.

Altre cose, inoltre, e forse più importanti, si erano messe in moto: si stavano intensificando le ricerche, nelle paludi circostanti, delle spoglie degli oppositori, che il feroce regime comunista di Enver Oxa, anni prima, aveva fatto uccidere a fucilate, dopo averli fatti deportare in quei luoghi disperati, insieme alle famiglie, alle quali ora sarebbero state restituite, insieme alla verità sulla loro sorte.
Questo, in modo particolare, non avrebbe potuto lasciare immutati i rapporti fra i sopravvissuti, poiché insieme alle povere ossa ritrovate e identificate ora stava emergendo anche la verità sulle molto ramificate complicità omertose e non proprio disinteressate che avevano accompagnato quelle drammatiche circostanze.

 

 

 

I registi, moglie e marito, sono Iris Elezi, al suo primo lungometraggio – albanese con studi negli USA – e Thomas Logoreci, americano di origine albanese, che insieme alla nostra Stefania Casini hanno anche sceneggiato il film sviluppando il racconto con buona sapienza narrativa e facendoci vivere la vicenda con crescente coinvolgimento, riuscendo a mantenere la nostra attenzione e il nostro interesse fino al drammatico finale, raccontato con asciutta e scabra semplicità.

Bravi e ben diretti  gli attori.

Il film, nato da una co-produzione italo -albanese,  ha ottenuto un riconoscimento internazionale a Karlovy Vary e alcune buone valutazioni di critica e di pubblico. Per questo avrebbe meritato una distribuzione adeguata alla sua discreta qualità. 

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