La recensione su Regression

Il film sta incassando bene, lo va a vedere un pubblico da multisala che intuisce (e intuisce malissimo) che si tratti di un horror e invece si trova di fronte un thriller metafisico nerissimo, cupo e angoscioso, con richiami a riti satanici e a sette misteriose che però rimangono sempre sullo sfondo. Mentre in primo piano c'è una famiglia fortemente problematica e i cui componenti sono vittime di un disagio devastante. In questo nucleo famigliare non ce n'è uno che sia sano di testa. Prima di proseguire nel racconto è bene aggiungere che, a fronte di una buona accoglienza nelle sale, la critica unanime ha stroncato la pellicola. Ed è uno di quei casi in cui il mio dissenso lo esprimerò forte e chiaro. Il film non meritava tanta acrimonia nei giudizi della critica. A me è piaciuto, l'ho trovato sapientemente "malato", oltraggioso, tremendamente insinuante nella sua avvolgente cupezza, diciamo che ti pone di fronte, senza fronzoli o scorciatoie, al pensiero del Male. Nudo e cudo, senza sconti. Siamo nel Minnesota, 1990. Si presenta alla sede locale della polizia un tizio che si consegna alla centrale autoaccusandosi di avere ripetutamente abusato della giovane figlia. Il capo della stazione di polizia è quasi infastidito, non voleva problemi, ma questa è una gran brutta storia e va affrontata. La patata bollente viene affidata al detective Ethan Hawke, che si prende a cuore la faccenda pure troppo, nel senso che il caso lo coinvolge molto a livello emotivo e lui ci sta male sul serio. Come accennavo, tutti i membri della famiglia sono fuori di testa, ma sui loro caratteri preferirei sorvolare, che la descrizione sarebbe troppo lunga. Mi soffermo invece sulla figura della ragazzina "abusata" (Emma Watson) che fra tutti quei matti sembra un angelo, un creatura di rara purezza a cui è stata rubata la giovinezza dal padre incosciente ma anche da altre persone coinvolte nella nerissima vicenda. Ho appena ultilizzato il verbo "sembra" e c'è un motivo: ovvio che non intendo spoilerare, ma devo dire che costei ci riserverà nel finale delle sorprese. Il clima "sick" del film è realizzato splendidamente da un Alejandro Amenabar in gran forma, che appare nella duplice veste di regista e sceneggiatore. Lo spettatore viene coinvolto con grande abilità in questo gioco sporchissimo, in questo "teatro degli orrori", in questa atroce commedia dei ruoli....E il buon Ethan ancora una volta si rivela attore intelligente e sensibile (ultimamente è in gran spolvero). Anche Emma Watson è molto aderente al suo personaggio, sia a quello iniziale sia rispetto all'evoluzione che il ruolo incontra nel finale. Molto bravo anche David Thewlis nel ruolo di uno psicologo consulente della polizia. Per non parlare poi di una serie di caratteristi che sono un valore aggiunto importante per questo film. E mi riferisco alle caratterizzazioni dei vari poliziotti e in particolare del capo della centrale, un omaccione bonario ma timoroso di cui non sono riuscito a trovare in rete il nome dell'interprete. Il malessere profondissimo che pervade tutta l'opera mi ha coinvolto parecchio, e tale efficacia va prima di tutto accreditata ad un grande Amenabar, il quale credeva molto in questo progetto che è totalmente suo. Ovvio che poi non abbiamo tutti lo stesso gusto e dunque nutro rispetto per i detrattori, anche se io -lo ripeto- ho trovato il film molto curato. PS: per quella parte in cui si parla di una setta di insospettabili, il mio pensiero è andato al capolavoro "Rosemary's Baby" (uno dei miei cult assoluti) anche se poi tutto sommato i due film hanno ben poco in comune. In mezzo a regali, alberi illuminati e canzoncine di Natale, non sfigura affatto un thriller che ci presenta il Volto del Male.