Regia di Carlos Vermut vedi scheda film
Un uomo disperato, una bambina, sua figlia, malata terminale di leucemia, un vecchio professore, una psicopatica, sono gli ingredienti principali di questo intruglio noir spagnolo, alquanto pesante, macchinoso, indigesto. Il regista, per qualcuno un Almodovar più scuro, imbastisce una storiaccia di ricatti e passato che ritorna, agendo per sottrazione, stilizzando i personaggi in ambienti quasi asettici, per far sì che aumenti, in qualche modo, il senso di inquietudine che cerca di costruire per tutto il film, mortalmente lungo, più di due ore. Chissà poi perché. Non ci riesce, a mio avviso, affondando tutta la materia in un bizzarro e vagamente malato nulla per buona parte del film, riscattandosi, molto parzialmente, nel finale, ma senza levarmi quella sensazione di incompiuto e, soprattutto, di presunzione, che ne minano le fondamenta. Gli attori sono anche bravi e il film, sotto l'aspetto puramente estetico, di Cinema, se la cava, ma le storie che s'intrecciano sono senza sbocco, incongruenti, patetiche e anche disturbanti, nel peggior senso del termine. Un pastrocchio che rimanda anche a certo cinema anni settanta, quei gialli dagli spunti surreali, che infestavano certo cinema italiano d'epoca. Di magico, qui dentro, non c'è assolutamente nulla.
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