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Mia madre

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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La recensione su Mia madre

di alan smithee
8 stelle

locandina

Mia madre (2015): locandina

FESTIVAL DI CANNES 2015 - CONCORSO 

 

La perdita progressiva ed inesorabile di un proprio familiare fondamentale, come può essere una madre, fornisce al regista Nanni Moretti l'occasione per tornare ad affrontare da un lato, e prima di tutto, il tema dell'impossibilità, o quantomeno la difficoltà ad accettare il dolore che la perdita crea; a gestire il senso di smarrimento che, come un macigno inesorabile ci spinge verso una deriva che ci lascia senza respiro: tematiche che il regista romano fece sue nel doloroso e premiato "La stanza del figlio".

Dall'altro quello di ripercorrere tappe fondamentali, cruciali, siano esse felici o drammatiche, della propria esistenza: ci ricordiamo di "Aprile" con al centro la nascita del proprio figlio, e "Caro diario", con riferimento all'episodio finale della cura della malattia subdola e difficile da diagnosticare.

Margherita Buy

Mia madre (2015): Margherita Buy

Ma in realtà Mia madre è anche molto di più: la scelta di restituirci una protagonista alter-ego del regista (scelta opportuna, intelligente ed accorta quella di affidare il ruolo ad una donna, ed in particolare alla intensità potente, imbarazzata e nervosa di Margherita Buy, perfetta per rappresentare la figura combattuta ed incredula del nostro regista, che invece prudentemente ritaglia per sé un ruolo certo fondamentale, ma di fatto secondario), ha il merito di acuire e mettere in risalto, rendendola esemplare, la contraddizione di fondo che si crea quando il dio onnipotente, risoluto, umorale, inflessibile, esigente e capriccioso di un mondo a sé come può essere il set cinematografico, finisca per sentirsi, forse per la prima volta in vita sua, davvero impotente all'inevitabile costante declino della linfa vitale che toglie pian piano le forze all'anziana madre della nostra direttrice.

John Turturro

Mia madre (2015): John Turturro

La quale sceglie di non credere completamente all'inesorabilità della fine, di immedesimarsi quasi completamente, fino ad estraniarsi dal mondo vero, nel set problematico del suo ultimo ambizioso film in corso di produzione, in cui è fra l'altro anche coinvolta una star americana capricciosa ed umorale, che non aiuta certo, con i suoi balzani se non puerili comportamenti, a facilitare la soluzione di riprese sempre più problematiche, destinate a prolungarsi oltre i limiti previsti e tollerati.

Il diverso comportamento dei due figli - lui che si concede una lunga, forse definitiva aspettativa, per affrontare appieno le fasi terminali che scandiscono la fine inesorabile della propria genitrice - lei, Margherita, che si butta a capo fitto sul lavoro e sulle nevrosi salvifiche di un set sempre più difficile da governare – finisce per acuire i sensi di colpa e di inadeguatezza che rende impotente chi resta in vita e deve riuscire ad accettare una perdita ormai imminente.

Nanni Moretti, Margherita Buy

Mia madre (2015): Nanni Moretti, Margherita Buy

Ancora una volta la finezza del personaggio protagonista - che Moretti individua strategicamente in Margherita Buy per la capacità innata della splendida attrice di cesellare un personaggio ogni volta diverso, ma anche molto coerente con un costante filo conduttore di donna, dalle medesime, acute, seppur quasi impercettibili, sfumature espressive racchiuse in un volto sempre diviso tra impaccio e scatto di tensione – rende particolarmente toccante la rappresentazione di un allontanamento progressivo ed inesorabile che si rifiuta di accettare.

Giulia Lazzarini, Margherita Buy

Mia madre (2015): Giulia Lazzarini, Margherita Buy

Giulia Lazzarini, nel ruolo della madre che si spegne lentamente e progressivamente è un'altra scelta azzeccata e vincente. John Turturro, spaesato come potrebbe essere un attore americano decisamente fuori luogo in un set ed in un contesto che neppure comprende bene nei suoi contorni generali, risulta coerentemente fuori luogo e fuori parte, dunque perfetto nel ruolo della star che improvvisa, gigioneggia, e nasconde problematiche più complesse della banale vacuità che la sua immagine si trascina dietro.

La sua è una rigidità controllata, che si scioglie verso la fine in un ballo esotico scatenato, trascinante, in cui il celebre attore italoamericano, fino a quel momento scientemente e lucidamente fuoriparte, ritrova la lucida follia che lo ha reso indimenticabile ad esempio con i fratelli Coen (guarda caso Presidenti quest'anno al Festival di Cannes dove il film gareggerà nella sezione principale - diavolo d'un Moretti, sarà davvero un caso fortuito, o invece una quasi avveniristica se non diabolica, impossibile strategia, che si unisce ad una consueta scaltra scelta distributiva della pellicola, che come nei film precedenti del regista, ospite fisso al Festival, cade proprio nel giorno delle nomination al concorso, per poi giovarsi, tra poche settimane, di una seconda vita cinematografica dal giorno della presentazione ufficiale sulla Croisette?)  ed altri meravigliosi registi americani.

 

 

 

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