Regia di James Marsh vedi scheda film
La Teoria del tutto è un film struggente, strappalacrime. E’ anche un inno al sentimento, a volte (e per fortuna) più forte delle avversità. Un intensa storia d’amore, commuovente e ricca di umanità. Una giovane e bella ragazza si innamora del timido e impacciato compagno di studi, apprezza le sue capacità intellettuali e il suo genio la fa presto innamorare. La storia assume i contorni della favola, almeno fino al brusco risveglio, la scoperta del male degenerativo. Jane non si perde d’animo, le difficoltà rafforzano il suo sentimento e la vita del protagonista, destinata secondo i medici ad essere piuttosto breve, trova nuovo vigore grazie all’amore trasmessogli dalla moglie. Se si voleva solo questo però, non c’era bisogno di scomodare Stephen Hawking.
Stephen Hawking è prima di tutto una mente superiore, un fisico, un cosmologo tra i più importanti del mondo ed andrebbe omaggiato evidenziando i suoi studi piuttosto che la sua malattia. Ai produttori però interessava fare centro al botteghino, e per rendere il prodotto commerciale bisogna spingere sul dolore e sulla storia d'amore. Così viene meno la scienza e pure qualche minima spiegazione del perché il cosmologo abbia ricevuto tanti premi e riconoscimenti. In tema di attualità, e restando in orbita Oscar, la biografia segue i binari già visti nel film di Morten Tyldum, The Imitation Game: non c’è spazio per approfondimenti che rendano comprensivi i reali meriti dei protagonisti. Manca proprio il coraggio di abbandonare quei binari. La sceneggiatura non fornisce colpi di scena, il regista non offre idee innovative o particolari spunti. Già dall’inizio sembra un film già visto, l’ennesima biografia targata Hollywood: Il protagonista col suo dramma, la storia d’amore e l’amico nel ruolo di terzo incomodo.
Rimane impressa la prova di Eddie Redmayne, destinato a raccogliere riconoscimenti e forse a strappare l’oscar proprio a Benedict Cumberbatch (l’attore di The Imitation Game ha curiosamente interpretato pure il cosmologo nel film tv “Hawking”). Il duro lavoro paga: l’attore ha perso circa 15 chili, si è allenato con la danza per controllare meglio il suo corpo e si è confrontato con molti pazienti affetti da SLA per capire meglio la malattia. Non è da meno Felicity Jones, in una parte, quella di Jane, forse ancor più complicata da interpretare. E’ proprio la notevole prova degli attori, oltra ad una buona regia e una degna fotografia, a rendere apprezzabile l’opera di James Marsh.
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