Regia di Dan Gilroy vedi scheda film
Los Angeles fin dalle prime immagini si presenta come una metropoli illuminata da milioni di luci , che, anzichè trasmettere lucentezza e vitalità, danno un senso di claustrofobia e posticcio, ed in mezzo a tanto luccichio il piccolo appartamento di Lou Bloom, ordinato, pulito , scarno e, nuovamente, claustrofobico e posticcio.
Lou è un ragazzo che potremmo definire in vari modi : immaturo, disturbato ed in definitiva problematico.
Immaturo certamente; in un primo momento il suo atteggiamento fa pensare ad un bambino che osserva attentamente il mondo degli adulti in cui dovrà inserirsi, senza avere le basi necessarie per discernere il bene dal male e così , in cerca di un lavoro, si mantiene rubando qua e la e già in questo dimostra una certa inventiva ed un distacco emotivo nei confronti del prossimo che ci porta al secondo punto. Disturbato : nel senso comune del tremine una persona affetta da malessere psichico.
In questo caso la psiche di Lou , ribadisco certamente immatura, è si disturbata , ma da ciò che vede attorno a se, e che assorbe come una spugna , prendendo alla lettera ogni frase ed ogni gesto altrui rielaborandola a modo suo , per la sua sopravvivenza.
Una notte si imbatte nella scena di un crimine e scopre il mestiere del reporter. Affascinato da questa opportunità si improvvisa cameraman riuscendo in poco tempo a raggiungere un discreto livello di professionalità ; ma non sarà tanto la qualità delle riprese che lo porteranno al successo, quanto la crudezza delle immagini , e qui si chiude il cerchio divenendo , appunto, problematico.
Il mondo delle emittenti televisive con cui entra in contatto Lou , è un campo di battaglia in cui ci si scontra a suon di audience ed in particolare per quanto riguarda i notiziari, l'audience aumenta proporzionalmente alla maggior intensità di violenza rappresentata , ed intendo dire proprio " rappresentata " in quanto spesso le immagini , già di per sè dure e crude da preferire una pietosa velatura, vengono montate ad arte per acuire l'effetto emotivo.
Non solo; i commenti dei giornalisti puntano ad un insieme di parole sapientemente studiate e ripetute insistentemente affinchè lo spettatore acquisisca un determinato messaggio mediatico, messaggio che non mira certo alla soluzione del problema.
Nulla di nuovo , purtroppo.
Quello che per me ha aggiunto valore, ed è una sensazione molto personale, è stata l'evoluzione di Lou, prima di tutti, poi quella dei due principali cooprotagonisti, la direttrice dell'emittente e il cosidetto assistente ; ovvero, se è evidente la progressiva prevaricazione da parte dell'uno nei confronti degli altri due, la capacità di plagiare il prossimo in modo direi quasi scientifico, è pur vero che in svariate occasioni lo sguardo folle ed allucinato di Lou pare quasi dire "...Dimmi di no , puoi farlo se solo lo vuoi...." urlando con una forza interiore immensa .
E potrebbero ,così come potrebbe dire no il pubblico televisivo.
D'altronde su chi si basa l'audience, e quindi, chi è in definitiva lo sciacallo.
Un buon film che ha saputo trasmettere un gran senso di inquietudine e , a tratti, di fronte alle domande incalzanti di Lou, in attesa di una risposta che pareva non arrivare mai , mi sono ritrovata in apnea.
Ottimi interpreti , da Rene Russo sul cui volto si può leggere la graduale sottomissione psicologica in maniera devastante, al giovane Riz Ahmed, che personalmente avevo già apprezzato ne Il Fondamentalista Riluttante, ma su tutti certamente Jake Gyllenhaal ; i suoi movimenti meccanici quasi disumani ed il suo sguardo non si dimnenticheranno facilmente.
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