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The Shortcut

Regia di Nicholaus Goossen vedi scheda film

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La recensione su The Shortcut

di scapigliato
6 stelle

Qual è il miglior horror possibile? Quello che utilizza cliché, personaggi, situazioni, temi e motivi ben riconoscibili ed evocanti immagini sedimentate nel tempo a completare un immaginario condiviso. L’importante è che sia fatto bene. Le novità non importano. Le attualizzazioni, le evoluzioni del genere, se sterili e inefficaci non importano. La buona vecchia porta che si apre cigolando sarà sempre perfetta se inserita con intelligenza e metodo all’interno della narrazione. L’originalità e la sperimentazione, sacrosante, rischiano però di creare un prodotto distante dal pubblico, e in un genere come l’horror, in cui il consorzio umano ritualizza l’esorcismo della morte, non si deve andare troppo per il sottile, ma creare immagini che riescano sia a giocare con l’emotività del pubblico sia ad inserirsi nell’immaginario collettivo. Ed è quello che in buona parte succede con The Shortcut. Gli elementi sono classici e già visti: ambientazione scolastica, un gruppo di adolescenti assortito secondo il canone – il leader sportivo, il burlone, la mean girl, la ragazza intelligente e il bravo ragazzo responsabile – una famiglia disfunzionale con un orrendo segreto del passato, un luogo ameno in cui è meglio non avventurarsi – la scorciatoia del titolo – e una leggenda urbana da mettere i brividi. Il film di Nicholaus Goossen è un An American Crime (2007) che incontra Non Aprite Quelle Porta (1974), dove la narrazione realistica, quella pastello dei teen horror, strizza l’occhio al fatto di cronaca, alla denuncia di un passato, quello americano, fatto di morti sepolti e non più rimossi, senza adottare una distorsione della messa in scena come faceva il buon vecchio Tobe Hooper. In Goossen l’orrore, o quel poco che ce n’è, è più intuito che esplicitato, come in un racconto di fantasmi intorno a un bivacco, anche se poi sul finale irrompe un pizzico di gore che a mio parere rovina un po’ lo stile mantenuto dal regista lungo tutto il resto della pellicola, ma almeno non tradisce le aspettative. Altri elementi interessanti del film sono determinanti per riconoscere a The Shortcut una certa originalità. Se certo non è originale la vecchia famiglia che nasconde un orribile segreto intorno cui si sbizzarriscono le leggende di intere generazioni, sul modello di Leatherface, originale è la presenza infantile, cattiva quanto innocente, disarmante e genuina quanto basta per rivedere i bambini, o metaforicamente l’origine americana, con occhi diversi.

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