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Il giovane favoloso

Regia di Mario Martone vedi scheda film

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La recensione su Il giovane favoloso

di Utente rimosso (Cantagallo)
6 stelle

Calibrare i delicati equilibri tra le componenti di un biopic illustre non è cosa semplice, soprattutto se si tratta di una figura letteraria: non si può prescindere dall’opera ma bisogna evitare di produrre una lezione, non si può scadere nella semplificazione della poetica ma il pubblico è ormai disabituato all’approfondimento, si vorrebbe restituire vita e umanità a una figura ormai sublimata da secoli di studio e venerazione ma senza adombrarla o banalizzarla. Non si può inoltre dimenticare che il film, in quanto opera, rivendica una sua identità rispetto al personaggio, così che il dilemma si ripropone poichè la libertà nello slancio creativo si deve misurare, in un lavoro biografico, con l’esigenza di realismo e aderenza al contesto storico. E non è solo sull’impostazione dell’opera che un autore si interroga ma anche sulle aspettative dei diversi riceventi a cui questa andrà incontro: giovani freschi di studi, spettatori ormai immemori, enti patrocinatori, insegnanti, studiosi... insomma, l’impresa è ardua, va riconosciuto obiettivamente.


La ragione per raccogliere una tale sfida può essere un interesse personale coltivato nel tempo, ma anche l’occasione di un progetto professionale importante, impegno onorevole e lusinghiero solitamente accompagnato da benedizione istituzionale e mediatica, da ponderare attentamente perchè le biografie dei grandi portano con se’, oltre ai suddetti rischi, un valore aggiunto intrinseco e cioè quello divulgativo e celebrativo. Verosimilmente si produrranno interazioni proficue tra la riscoperta (si fa per dire) dell'autore e l’affermazione dell'opera dedicata.


Il nodo critico, dal punto di vista autoriale, sta nel voler superare il modello di una rievocazione illustrata, nel ripensare il biopic radicalmente, affrancandosi dall’iconografia e dall’obbligo della fedeltà rappresentativa, per ripartire invece dall’essenza del personaggio e della sua stessa poetica, lasciando che da questa scaturisca un’idea nuova e diversa di ritratto. Farne, in altre parole, un lavoro interessante che si distingue anche nella sua concezione anzichè un quadro corrispondente e meticoloso. Certo, è facile dirlo a parole.


Molta della potenzialità de “Il giovane favoloso”, a mio parere, è canalizzata nell’impegno della ricostruzione, a partire dalla disciplinata e soffocante tranquillità di Recanati, dove la rappresentazione dell’ambiente familiare e il quadretto calligrafico relativo all’episodio di Silvia tendono a incontrare i canoni dell’immaginario comune. L'ottocento italiano in cui si trova a vivere il poeta, quello rappresentativo e un po’ inamidato già collaudato da Martone in “Noi credevamo”, riappare sia nell’ambiente più stimolante di Firenze che nella confusione gioiosa e ambigua di Napoli. E’ soprattutto in questa ultima parte che il regista si concede accenti di colore più marcati, che fanno da decadente contrappunto al peggiorare delle condizioni di salute di Giacomo. La fondamentale dimensione interiore e creativa del personaggio emerge invece attraverso alcuni momenti onirici e surreali in cui il sentire del poeta rompe gli argini razionali della narrazione ma senza, in verità, raggiungere momenti di autentico lirismo.


Per come è scritto il personaggio di Giacomo Leopardi, ovvero in una maniera che onora la tradizione e insiste sulla riconoscibilità fisica, Elio Germano si è immedesimato senza risparmiarsi, misurarsi coi versi del poeta era difficile e il giovane attore si è dimostrato cosciente del rischio.


Ciò che rimane, a mio parere, è principalmente un viaggio istruttivo, a tratti pittoresco, attraverso l’iconografia personale e umana di Giacomo Leopardi, un incompreso, come tutti gli spiriti precursori ed eletti. A livello drammatico e formale si avverte però la mancanza di qualcosa, c’è uno scarto tra la statura del personaggio e il clima della rappresentazione che causa sofferenza per l’assenza di una dimensione poetica che non sia quella dei versi recitati. Forse, sollevato almeno in parte dall’impegno descrittivo e concepito con maggiore estro, il film avrebbe potuto puntare più in alto, provando a sintonizzarsi in modo più diretto sulla sensibilità del personaggio e sulla forza lirica e teorica della sua poetica per abbandonarvisi liberamente, lasciarsi ispirare e restituirne un’elaborazione magari meno esaustiva e accurata ma più personale e vibrante.

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