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Fury

Regia di David Ayer vedi scheda film

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Souther78

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Fury

di Souther78
3 stelle

RECENSIONE FURY

 

Uno pensa che nel 2014 certe banalizzazioni cinematografiche, specie quelle dei film sulla seconda guerra mondiale, siano ormai superate. E invece…

Il film si apre con inquadrature suggestive e non prive di tensione, e fin da subito sembra prendere una posizione netta contro la guerra e i mali che ne derivano: non l’ennesima opera che si crogiola nelle scene d’azione, nelle frotte di tedeschi sterminate da un impavido manipolo di americani, etc. E così il film decolla, tra la condanna di una ferocia di guerra e l’altra, tra una cruda dimostrazione di cosa significhi uccidersi a vicenda e il “dietro le quinte” della storia raccontata dai vincitori: il film sembra voler addirittura far capire allo spettatore che il male non esiste, poiché tutto è male in guerra e non ci sono buoni realmente tali. Peccato che a un certo punto della narrazione la storia collassa su se stessa, e… Il carro tedesco (TIGER), sebbene in grado di perforare la corazza frontale di un carro americano (SHERMAN), non riesce a scalfire quella laterale dei protagonisti… e sbaglia il tiro da vicino… fino a venire inevitabilmente distrutto. Giova ricordare che la parte più spessa delle corazze di quei carri era quella frontale, e che è matematico che se un colpo penetra quella (peraltro inclinata, per “riflettere” e deviare il proiettile), penetra molto di più quella laterale.

Ma il “bello” non finisce qui: il finale alla “Saving Private Ryan” non può mancare, e allora… ecco il prode sergente difendere un carro armato immobilizzato (leggasi “spacciato”) contro ben 300 Waffen-SS, cioè l’unità da combattimento tedesca d’élite. 300 soldati armati di tutto punto (se ne vede passare quasi uno su tre munito di panzerfaust), addestrati a distruggere carri armati nemici perfino in movimento con bombe adesive, mine anticarro (montate o smontate), molotov, bazooka (panzerfaust, appunto), granate, e chi più ne ha, più ne metta, restano del tutto impotenti di fronte a un carro già bloccato e capace di sparare in una sola direzione per volta: continuano a correre avanti e indietro facendosi falciare, dopo essersi pure fatti sparare avendo dimenticato la prima regola dell’aprire la botola di un carro armato, cioè tirare dentro una granata, e comunque mai affacciarsi. Ma non basta: improvvisamente, tutti i panzerfaust che erano già imbracciati dai soldati, come per magia tornano addirittura nelle casse di legno (non si sa portate dove, visto che il camion è stato distrutto come prima cosa!) e solo dopo che ha perfino fatto buio. Nemmeno questo basta: il primo colpo non va a buon fine (sbagliato mira….). Il secondo sì… ma ovviamente il carro non esplode, non va a fuoco, non produce fumo all’interno (ricordiamo che contiene impianti meccanici, benzina, olio, impianti elettrici, etc.). A questo punto, ennesima magia, si desiste dall’uso del panzerfaust e, invece di finire questo carro indistruttibile a colpi di bazooka, gli si spara con i mitra e le pistole: perché a questo punto l’unità tedesca d’élite, formata da veterani di guerra, dimentica perfino che i mitra non fanno niente a corazze d’acciaio spesse diversi cm, e così continua a sparare allegramente per minuti interminabili… interminabili proprio come le munizioni del carro.

Insomma, questo film ha diversi spunti e propone anche un punto di vista interessante, cioè molto critico e crudo, sulla verità della guerra e sui suoi effetti. Peccato che scivoli nel qualunquismo più totale, con i nemici ridotti a macchiette peggio che nei film anni ’50 e del tutto strumentali, cercando di intrattenere lo spettatore pur senza alcuna verosimiglianza, in spregio alla storia, all’intelligenza e al realismo. Inverosimile anche il fisico stra-palestrato di Brad Pitt, del tutto incompatibile con i fisici dell’epoca, e tanto più con un militare da anni al fronte (dentro un carro armato), che fuma, beve, e di sicuro non si può scolpire addominali, pettorali, spalle e dorsali in palestra (attrezzi che peraltro in vari casi ai tempi non esistevano nemmeno, come si evince giusto dalla conformazione fisica degli sportivi di quell’epoca).

Utile vederlo come voce antimilitarista, ma decisamente deleterio come documentazione storica, in quanto del tutto inattendibile e inverosimile. Personaggi largamente irrisolti e un po’ troppo contraddittori: l’impressione è quella che ci si sia “ispirati” un po’ troppo ai classici del genere (in primis Ryan), finendo per raffazzonare citazioni e sensazioni, ma senza assumere un indirizzo chiaro e netto.

 

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