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Se vuoi vivere... spara!

Regia di Willy S. Regan (Sergio Garrone) vedi scheda film

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La recensione su Se vuoi vivere... spara!

di scapigliato
8 stelle

Il tema è il solito tentativo di ursurpazione di una proprietà da parte di un losco affarista che si serve di bandidos y pistoleros come ufficio reclami. Tipico è anche il gioco a tre, che dopo Sergio Leone s’è anche inflazionato. Oltre al protagonista, Ivan Rassimov, che nell’originale si chiama Johnny Dall mentre internazionalmente è stato rinominato Django, abbiamo in un’insolita veste da duro pistolero, che infatti risulta un po’ comica, Riccardo Garrone (nel terzo SW degli 11 che ha girato), e il cattivo Giovanni Cianfriglia. Il primo è un pistolero elegante, un po’ dandy e dalle buone maniere che vuole arricchirsi manovrando la rischiosa situazione in cui s’è imbattuto Rassimov; il secondo invece insegue il protagonista perchè è un cacciatore di taglie, ma non dalla funzione positiva, come tanti altri, ma dall’esplicito ruolo di antagonista. Saranno i tre infatti, a più riprese, ad inseguirsi, incontrarsi e lasciarsi in uno scenario ritagliato fuori Roma i cui contorni di terra dura e rossiccia danno un efficace risultato messicano. Rassimov all’inizio tenterà di difendere la famiglia che lo ha soccorso, e la cui figlia s’è di lui innamorata, poi una volta presa un’altra strada, tornerà a Nogares per vendicare appunto la famiglia massacrata dai messicani di Alvarez (Cobianchi) il capo dei banditi al soldo di Marlow, il losco affarista. Il bounty killer interpretato da Cianfriglia non c’entra nulla con gli affari di Marlow e dei suoi sgherri, è proprio tutta un’altra storia, che confluirà con l’altra nel primo dei due finali, ambientato nella encomienda di Marlow.
La prima parte del film è molto bella, e l’assenza dell’articolazione narrativa che troviamo nella seconda, la fa scorrere più piacevolmente e ci fa godere di più ciò di cui vogliamo più godere quando guardiamo un western: i paesaggi, i volti sporchi dei pistoleri, e i pochi altri personaggi con le loro battutte e i loro duelli. La seconda, invece, s’arricchisce di troppe sfumature a cui il regista fa fatica a stare dietro perdendo di ritmo. Si risolleva solo nel finale, quando lo shooting, iniziato in una stalla (la risoluzione in un luogo chiuso è tipico dello SW), prosegue sì per strada, ma per concludersi poi in un vicolo cieco tra due case. L’idea di ambientare il duello finale non nella solita main street, che rimane sempre il luogo migliore seppur convenzionale, insieme al duello in pieno aperto deserto, è un’idea tipica del nostro western, che vuole da un lato rinnovare il segnale di rottura sia con il western classico che con il prototipo leoniano, e dall’altro forse cerca una soluzione originale tipica dei lavori italiani. In questo duello, è bene evidenziare un curatissimo montaggio fatto di stacchi improvvisi e non contigui tesi a rappresentare sul piano visivo il nervosismo di un momento delicato come quello che Rassimov sta affrontando, essendo ferito e senza pistola. Molto bello, e sempre inserito in questa buona sequenza di montaggio nervoso, il lancio di un grosso chiodo che Rassimov stacca dal muro per lanciarlo in gola a Giovanni Cianfriglia, alias Ken Wood.

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