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Interstellar

Regia di Christopher Nolan vedi scheda film

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La recensione su Interstellar

di Database
6 stelle

Muo. Nell’antico greco: tengo la bocca chiusa. Taccio. Dal verbo muein derivano tante parole diverse: da lì arrivano ovviamente muto e mutismo. Forse anche muggire e mugolare. Ma di certo anche mistico e mistero. I Mystes eleusini erano infatti gli iniziati al sacro: coloro che - essendosi affacciati sul baratro dell’ignoto - non ne possono parlare, non per consegna o divieto, ma semplicemente perché le parole non possono esprimere il mistero che hanno contemplato: la bocca è chiusa, le parole perdono di senso. In Interstellar questa antica radice che oggi genera così tante parole comuni è parola chiave e forse Christopher Nolan non lo sa nemmeno. Anzi, come un mistico che trasgredisce la regola, Nolan ci prova: a mostrare l’impossibile, violando la consegna del silenzio, e raccontando nel proprio linguaggio - il cinema, le immagini - il mistero del tempo.

 

scena

Interstellar (2014): scena

 

È chiaro ed evidente che, quando si allontana da Batman, Nolan è ossessionato dal mistero del tempo. Dalla “vera magia” di Tesla in The Prestige, al paradosso del tempo del sogno in Inception, dal tempo umano, soggettivo e della memoria in Memento, al tempo elastico della scienza da Einstein in poi: il tempo relativo, quello in cui, muovendosi più veloci della luce, tutto tras-corre a un ritmo diverso. E il tempo si fa poroso, incomprensibile, paradossale.

“Che cos'è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più” Diceva così Sant’Agostino. E probabilmente quando uscirete dalla visione di Interstellar vi sentirete un po’ come il teologo d’Ippona. Saprete cosa avete visto ma se vorrete spiegarlo e raccontarlo… be’ non sarà affatto facile. Perché in Interstellar c’è davvero un po’ di tutto. Ci sono innanzitutto tre ore quasi di film che si vogliono sorrette da un lucido impianto scientifico (tutto l’impianto teorico si basa sul lavoro del fisico teorico Kip Thorne, che poi è anche produttore esecutivo del film): wormholes che permettono di piegare lo spazio-tempo, onde gravitazionali e buchi neri. Roba da far girare la testa. Ma c’è anche una riflessione sulla paternità (per Nolan, a leggere le sue dichiarazioni, il centro sarebbe proprio quello), c’è la catastrofe planetaria imminente che agita i nostri sogni e la nostra attualità, c’è la fantascienza più classica, quella delle astronavi e dei robot, ci sono l’avventura e l’esplorazione, ci sono grandezze e miserie umane, c’è una dichiarazione di fede finanche stucchevole nella “forza dell’amore”, c’è la fede nella scienza, positiva e progressiva, ci sono dilemmi etici non irrilevanti (quando parliamo di salvezza dell’umanità, di cosa parliamo davvero? Della salvezza dell’umanità dei nostri affetti o della salvezza del genere umano? E cosa è giusto preferire? Il noi o il tutti? Cosa si può sacrificare e cosa no?). E tutto questo è colmo - anzi stracolmo - di riferimenti a tanto cinema che è stato: quello di genere in primis. Inutile provarsi qui a citare tutti i richiami che vengono alla mente: da Star Trek e Star Wars a 2001 e a Incontri ravvicinati. Ci sono miti americani irriducibili: la conquista e la scoperta, ovviamente, l’eroe solitario e salvifico, il genio che è sempre l’individuo che sa e osa spingersi oltre.

Eppure, in tutto questo - che è tanto e forse troppo - non c’è stile. Non c’è un segno forte che renda il film un’opera da ricordare. Intendiamoci: il minimo sindacale - che per una produzione così accurata e costosa e professionale è altissimo - è sicuramente raggiunto. Il film si fa vedere, non c’è noia, ci sono alcune scene magnifiche (gli tsunami vi lasceranno a bocca aperta), c’è un McConaughey eccellente e credibile e una meravigliosa attrice ragazzina, Mackenzie Foy. Che un film del genere sia “tecnicamente” ben fatto è quasi scontato e, paradossalmente, quasi irrilevante.

 

Ma nonostante i plausi che stanno arrivando un po’ da tutto il mondo (il film sta uscendo in contemporanea ovunque), i voti altissimi che vedete in giro e che vedrete anche qui, l’avere violato la consegna del silenzio di fronte al mistero, rende il mistero alla fine poco affascinante e confuso. E fa sembrare che tutto questo sia una trovata, una bella trovata (tra l’altro e senza per nulla voler rovinare la visione, proprio le trovate dei finali - che sono più di uno - sono quelle meno efficaci e francamente anche un po’ ridicole). E appare così che tutta questa scienza meravigliosa fallisca proprio quando ha successo: spiegare, o ancor di più, mostrare il paradosso del tempo non appare una vittoria. Lo spettacolo, insomma, è assicurato. L’arte invece è lontana. Anni luce.

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