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IstintoBrass

Regia di Massimiliano Zanin vedi scheda film

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La recensione su IstintoBrass

di nickoftime
7 stelle

Mai come questa volta conviene partire dal titolo per iniziare a parlare di un film, perché quello scelto dal regista Massimiliano Zanin per il suo documentario permette a chi è chiamato a commentarlo di non perdere di vista il tratto saliente del protagonista. Istintobrass, dedicato per l’appunto alla figura e alle opere del cineasta milanese, coglie allo stesso tempo sia l’instancabile richiamo ai piacere della carne di cui da un certo punto in avanti il cinema di Tinto Brass è diventato sinonimo, sia il modo – l’unico che gli si conosce – attraverso il quale l’arte del regista ha trovato le condizioni per potersi manifestare e dare vita a film di riconosciuta importanza. Ed è proprio l’intento di rendere giustizia ad un autore frettolosamente liquidato come semplice pornografo e invece, soprattutto all’estero – e per esempio in Francia – riconosciuto e omaggiato con mostre e rassegne che celebrano l’apporto innovativo e lo spirito di rottura dei suoi primi film (da In capo al mondo, opera prima datata 1963, a L’urlo, girato nel 1968), a fare di Istintobrass un lavoro utile e necessario. Attraverso il montaggio di materiale d’archivio, filmati d’epoca e le testimonianze di un eterogenea galleria di esponenti del mondo del cinema e della critica (oltre al padrone di casa Brass, e poi gli attori Gigi Proietti ed Helen Mirren e i critici Gianni Canova e Marco Giusti, e allo stesso Brass), Zanin ripercorre la carriera di Brass dalle origini ai giorni nostri, mostrandoci in che maniera la fantasia e il gusto della provocazione presenti nei primi lavori del regista riuscirono a cogliere i fermenti e le contraddizioni del proprio tempo, e in particolare i fermenti rivoluzionari e antagonisti propri della stagione sessantottina. Nel riguardare le sequenze tratte dai film di quel periodo si ri-scopre, dunque, l’originalità e la bellezza di un talento visionario che non teme confronti con i grandi del proprio tempo e che può permettersi di “dialogare” con un collega del calibro di Jean Luc Godard senza venirne schiacciato.

 

 

Ma a venire fuori, oltre alla conoscenza dello strumento filmico (con la quale supplì alla mancanza di soldi e tante volte di un vero e proprio copione), è la personalità di un uomo e di un artista fuori dal comune, talmente coerente con la propria visione del mondo da rinunciare – senza rimpianti – ad Arancia meccanica, “lasciato” a Stanley Kubrick, per girare (L’urlo) quello che poi sarebbe stato il suo riconosciuto capolavoro. Oppure di rimanere fedele ai principi della propria autorialità (forgiata in anni di studio e di lavoro presso la Cinemateque e come assistente di Roberto Rossellini), anche quando si tratta di difenderli in un film come Caligola, il primo porno kolossal della storia del cinema, che il produttore Bob Guccione (editore di Penthouse), dopo aver ingaggiato attori come Peter O’Toole, Helen Mirren e Malcom McDowell, decise di rimontare in chiave commerciale, “costringendo” Brass a disconoscerne la regia. Da questo punto di vista anche il cinema che segue, quello più commerciale e forse discutibile, altro non è che la conseguenza di quella libertà (di pensiero e di costumi) che Brass continua a praticare sulle macerie di un’epoca senza più ideologie (siamo arrivati agli anni ’80) e con il piacere – soprattutto sessuale -, svincolato dall’essere strumento di critica sociale, chiamato a diventare più delle stesse attrici il protagonista di film “epocali” come La chiave, Miranda e via discorrendo. Istintobrass e il suo regista sono bravi a ricordarcelo, oltre al fatto di restituirci un Brass in forma smagliante che davanti allo schermo nemmeno per un attimo viene meno alla sua proverbiale leggerezza.

(pubblicato su taxidrivers.it)

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