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Traffic Department

Regia di Wojciech Smarzowski vedi scheda film

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La recensione su Traffic Department

di OGM
8 stelle

La risposta polacca a End of Watch. Un reality, girato con il telefonino, con una videocamera nascosta, con le telecamere di videosorveglianza, che ci porta dentro la vita quotidiana della polizia stradale: un ambiente che è lo specchio di una società marcia, in cui quasi tutti sono ladri o sfruttatori.  Lo squallore dilaga, sotto forma di indisciplina, vizio e veri e propri crimini; intanto, in mezzo a quel fango, l’agente Ryszard Król diventa il protagonista di una gran brutta faccenda. Un suo collega scompare, e poco dopo, il suo cadavere viene ripescato dal fiume. Tutti sapevano che  il defunto prestava denaro, ma non è quello il punto. Per arrivare al vero movente del delitto, bisognerà che qualcuno, per una volta, decida di sporcarsi le mani per una giusta causa, ossia per salvarsi da un’accusa ingiusta e per scoprire la verità.  La storia è drammaticamente interrotta dai flash del caos e della perdizione: è così che quello che poteva essere un thriller poliziesco si frange in una moltitudine di immagini rubate, di intermezzi trasgressivi, di frammenti di vita maledetta, sotterranea, primitiva. La ricerca del godimento – o della mera sopravvivenza – si sposa con il senso del declino che accompagna la rinuncia alla civiltà. I tutori della legge si ubriacano. Fanno sesso a pagamento e prendono mazzette. Esattamente come gli uomini politici, che essi scoprono al volante in stato di ebbrezza, ma che non possono arrestare per disposizioni improvvisamente sopraggiunte dall’alto. Tra le file della drogówka, mentre si va in giro a dirigere il traffico e ad elevare contravvenzioni, si tira avanti scalciando in un pantano in cui nessuno è esente da un male tanto diffuso e degradante quanto evitabile: è la semplice incapacità di essere leali ed onesti, sotto la spinta del generale desiderio di fuggire dall’infelicità, una non meglio precisata condizione di abbandono che tutti credono di poter scongiurare col rifiuto di obbedire alle regole, comprese quelle della decenza. L’estetica di questo film è simile al furioso rollio di una nave che affonda: un’oscillazione bagnata nel torbidume dell’abisso, che produce una vertigine priva di ebbrezza, e carica dell’affanno di una concitata agonia. La trama è una matassa che si dipana vorticosamente per poi subito riavvolgersi: il mostro indistruttibile, ferito ma non vinto, si morde la coda e la spirale di morte si chiude.  La Polonia occupa una della prime posizioni nella classifica mondiale dei paesi più corrotti: la superano solo nazioni come la Bielorussia o il Botswana. Un avvilente dato statistico che questo film traduce in una tenebrosa ballata da capogiro, una danza che si agita all’eccesso e perde rovinosamente l’equilibrio; intanto, in sottofondo, il ritmo è battuto dal cupo ticchettio di una fine che si avvicina sempre più.

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