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Maps to the Stars

Regia di David Cronenberg vedi scheda film

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La recensione su Maps to the Stars

di champagne1
7 stelle

"Le persone non entrano per caso nella nostra vita: siamo noi che le chiamiamo!"

 

Agatha, appena arrivata dalla Florida, affitta un servizio in limousine per fare il giro delle case delle celebrità di Hollywood e conosce Jerome, l'autista, con cui comincia a uscire. La sua idea è di restare a Hollywood e, per fare ciò, riesce a farsi assumere da Havana Segrand, un'attrice con la carriera in caduta libera, come assistente personale.

Agatha porta su di sè le tracce fisiche dell'incendio a cui sopravvisse  qualche anno prima, e che comunque lei descrive ogni volta in maniera diversa. Havana ha perso la madre, nota star di Hollywood, in un incendio...

                                                     

 

Havana sogna di rifare il film che rese grande sua madre, in una sorta di competizione postuma, e potrebbe averne l'occasione ora che una produzione ne ha deciso il remake: ma viene scelta un'altra attrice.

Benje è l'enfant prodige del momento: a 13 anni è già uno degli attori più pagati (100.000 $ alla settimana) e con un curriculum di disintossicazione già alle spalle.

Stafford Weiss, padre di Benje, è un rinomato guru delle star, con uno spazio televisivo periodico, e i cui libri vanno a ruba.

Che cosa unisce le storie di tutti questi personaggi fra loro?

                                                   

David Cronenberg ha impiegato diversi anni per portare sullo schermo la storia scritta da Bruce Wagner, per mancanza di produttori dovuta a uno script evidentemente inizialmente non convincente.

Alla fine riesce a girare una storia la cui prima lettura è la denuncia della esasperazione di un certo tipo di cultura occidentale, tutta basata sull'apparire e sull'avere, e magnificamente sintetizzata dalle passioni e le manovre dello star-system hollywoodiano, tutto incentrato sui cachet strappati alla produzione, dal nome più vistoso sul cartellone, dalla casa che compare su Architectural Digest, sulla felicità che si prova perché un bimbo è affogato, dato che questo serve a permettere di subentrare alla mamma del bimbo stesso come ruolo in un film, ...

                                                             

 

Ma c'è anche quel qualcosa di più profondo, quasi a livello onirico: livello in cui le nostre paure si configurano in presenze evanescenti e a volte assurde, eppure tanto reali da farci risvegliare.

Cronenberg prova a illustrare quella dimensione, senza volere necessariamente darle un costrutto logico, lasciando parlare i conflitti in noi tramite pensieri od azioni estreme, ricordando in più punti gli eroi delle tragedie greche: invischiati in situazioni così complesse e penose causate dalla loro υβρις da cui solo con l'estremo sacrificio si può uscire.

Che cosa unisce quindi tutti i personaggi fra loro? forse la voglia (o il bisogno) di redenzione, ognuno a suo modo: chi recitando, chi facendo sesso, chi mettendo su soldi a palate, chi autodistruggendosi....

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