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Open Grave

Regia di Gonzalo López-Gallego vedi scheda film

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La recensione su Open Grave

di mc 5
4 stelle

Francamente devo ancora farmi un'idea precisa su questo film. Un lavoro sfuggente, non facile da etichettare e giudicare. A dire il vero, quando sono uscito dalla sala ero piuttosto deluso perchè (nonostante avessi colto in giro solo delle stroncature) ero molto curioso di questa visione. Si era fatto largo in me un pregiudizio positivo, sia perchè la vicenda si annunciava interessante ma soprattutto per la presenza di un volto caro a diversi appassionati di cinema quale protagonista, anno 2009, di un piccolo caso cinematografico, quel "District 9" che si rivelò essere fin da subito un cult movie in ambito "sci-fi action thriller". Sto parlando di Sharlto Copley, attore forse non eccezionale, ma dotato di un'estetica, di un pathos e di una carica di tensione che ne fanno l'interprete ideale per soggetti che raccontino storie di fantascienza o d'orrore. Diciamo che in un certo ambito ha una faccia maledettamente "giusta". Credo sia fuori discussione il talento da lui sfoggiato nel mitico "District 9". Fra l'altro da segnalare che lo stesso regista di quel film (Neil Blomkamp) sta per tornare nelle sale con "Elysium", grossa produzione di fantascienza interpretata dallo stesso Copley assieme a Matt Damon. Va anche rimarcato che Copley è stato direttore dei programmi della più importante rete televisiva sudafricana (è nativo di Joahnnesburg), ma la notizia curiosa è che lui è anche titolare della "Atomic Visual", importante azienda che produce effetti speciali. Tutto questo per dire che il nostro Sharlto è uno che s'è dato (e si dà) molto da fare, anche se non si direbbe, a giudicare da quella sua faccia "un pò così", direi proprio una faccia da B-movie. Ah, un'ultima cosa: Spike Lee lo ha voluto nel suo prossimo film (altro che b-movie, quindi). Insomma, per tornare al film in questione, la presenza di Copley e la trama intrigante mi avevano predisposto al meglio. E invece, dopo un ottimo incipit, il regista comincia a menare il can per l'aia. O ad allungare il brodo. Con una situazione oscura al 100% cui vengono aggiunti continuamente tasselli i quali estenuano lo spettatore e gli confondono ulteriormente le idee. Il clima che si avverte fin dalle prime inquadrature è quello di una gran paranoia che però, anzichè incoraggiare lo spettatore a perseguire la soluzione di una vicenda apparentemente insolubile, contribuisce ad irritarlo per la troppa frammentazione di una sceneggiatura che aggiunge enigma ad enigma, alimentando confusione e disagio, stati condivisi dal pubblico con i sempre più sperduti ed incerti protagonisti. Sono tutte persone che, come vedremo, hanno perso la memoria, ma se è questa la chiave del mistero (una memoria da recuperare), diciamo che è gestita infelicemente, perchè viene messa al bando ogni logica, e i tasselli che si aggiungono non fanno che infittire il mistero. Un uomo (Copley) si sveglia in una fossa comune, malconcio e sporco, in mezzo a decine di cadaveri. Una silenziosa donna orientale lo aiuta ad uscire da quella fossa per poi sparire (scopriremo poi che è muta). Lui, con una pistola in pugno, guardingo e spaventato, entra in una casa poco distante dove trova un manipolo di persone che condividono con lui la perdita totale della memoria. Ognuno di essi intuisce vagamente di aver conosciuto gli altri ma non ricorda nè come nè quando. Questa è la partenza, indubbiamente intrigante, ma qui tutto si blocca, nel senso che quel che segue è tutto un annaspare nel buio, una ricerca affannata e dolorosa della verità, attraverso una serie di azioni che mettono in luce la paranoia di ogni singolo personaggio, spingendo sul pedale dell'isteria e del delirio. Per buona parte del film, fino alle soglie di un discutibilissimo finale, si respira un'aria vagamente alla "Saw", a tratti supportata da una fotografia livida che evoca scenari malati e disturbanti. Finchè non cominciano, dopo tanti tasselli inutili, ad arrivare dei "segni" che fanno presagire una conclusione fuori dal comune. Ecco il punto. Quel finale, per certi versi anche suggestivo (che oltretutto è collegato ad una storia d'amore tra due dei protagonisti), appare incongruo e sintetizzabile in un termine che -cinematograficamente- sta ad indicare qualcosa di de­leterio: il famoso "spiegone". In sostanza, visto che il bestiario umano che grida e brocca per tutto il film non si riesce più a gestire, cosa ti fa il regista? Ti piazza lì un formidabile "spiegone" che evoca qualcosa di tremendo a livello globale (che ovviamente non rivelerò). In altri termini, trovo discutibile (come peraltro rilevato da quasi tutta la critica) che si debba aspettare oltre un'ora e mezza di paranoia senza sbocchi per poi vedersi "appiccicare" questo finale così "apocalittico". Sul cast non è che ci sia molto da dire. Gli attori sono adeguati al tipo di espressività che viene loro richiesto, quella di un prodotto di genere, dove alle sfumature si preferisce l'enfasi. Detto che le due protagoniste femminili, entrambe attrici sensibili e graziose (Erin Richards e Josie Ho) mi sono parse le migliori del cast, vorrei rimarcare che qui Sharlto Copley non fa che mantenere le posizioni acquisite con le precedenti interpretazioni, senza infamia e senza lode. Tuttavia, siccome sarà uno dei protagonisti della prossima stagione (col già citato "Elysium" e con "Old boy"di Spike Lee), lo attendiamo al varco e vedremo come se la caverà alle prese con produzioni più impegnative. Insomma, anche se devo riconoscere che il film non è privo di un suo fascino oscuro e malato che può anche intrigare, la sostanza resta quella di un'occasione sprecata.


Voto: 5

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