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Ip Man: The Final Fight

Regia di Herman Yau vedi scheda film

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La recensione su Ip Man: The Final Fight

di mattbkk
10 stelle

Il migliore della serie, proprio perché si allontana dalla serie.

Il migliore film della serie, fortunatamente l'ho visto prima degli altri e devo dire che è stata una delusione dopo l'altra vedere che sia i precursori che quelli successivi sono solo un'accozzaglia di salti mortali e colpi di arti marziali con poco pathos e contesto ridotto al minimo, del tipo giapponesi cattivi contro cinesi buoni, cinema orientale che imita blandamente quello americano.
La passione che questo episodio della vita di Ip Man mostra per la situazione circostante, per i mutamenti economico-sociali, per la politica e l'habitat di hong kong è a un livello di spessore decisamente superiore alle altre trame, che dedicano maggiore attenzione alle abilità e alla figura del protagonista, seppellendo nel nulla i personaggi secondari e la loro vita quotidiana, se non per farne una saga di campioni di arti marziali in tutte le salse.
Trovo questo film molto più adatto a chi si avventura ad esplorare la vita di hong kong e dei suoi emigrati dell'epoca più che a chi è interessato a vedere i soliti scontri improbabili con infarinatura banalizzata di tessuto sociale e vicende storiche. Visto questo film ho perso qualsiasi interesse per gli altri sulla stessa figura, che come suggerito dal finale del film con un Bruce Lee americanizzato e lontano dalle proprie radici, diventano il solito rimastone di eroi acrobatici da film filo-hollywoodiano con poco sentimento, scarsa abilità di raccontare un'epoca a favore di combattimenti continui che si ripropongono con insistenza nei film di genere da oltre mezzo secolo.
Forse perché sono un grande fan di Wong Kar Wai (che ha proprio l'unica pecca di aver girato un altro filmaccio su Ip Man che si guarda solo facendo finta che il regista non sia lui o che ci dovesse pagare dei debiti), questo film per fortuna si distacca dalla celebrazione delle arti marziali fine a se stessa e per impressionare lo spettatore, condita con una base alquanto retorica di retroscena sociale, per prendere la strada di una narrazione decisamente più pacata e contemplativa di una città sotto l'effetto di cambiamenti epocali e dei suoi personaggi più comuni.
Grazie al cielo la figura di un maestro di arti marziali qui serve solo come supporto a tutto l'ambiente circostante, all'asia e a uno dei suoi paesi più interessanti, anziché a narrare le gesta di funambolici supereroi e a mostrare le loro acrobazie ricoperte di effetti speciali e di estasi estetica ad alto impatto visivo.
Nella scala da occidentale a orientale, questo film rimane l'unico della serie che si colloca più verso l'oriente. Questo è il suo punto di forza e aspetto di maggiore pregio. E poi cosa c'è di più interessante di vedere una figura pluricelebrata nei suoi momenti di pausa dagli atti eroici, di tranquillità, di quotidianità, di anzianità e di vita semplice, a fine carriera, per raccontare cosa c'è dietro il combattente? Voto 9-10 fosse anche solo per la rappresentazione di Hong Kong.

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