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Grigris

Regia di Mahamat Saleh-Haroun vedi scheda film

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La recensione su Grigris

di OGM
8 stelle

Souleymane, soprannominato Grigris,  è un ballerino fantastico, che fa andare in visibilio gli spettatori. Eppure non è un professionista, né potrà mai diventarlo, perché ha una gamba paralizzata. Quando cammina, quell’arto è un’appendice fragile e scomoda; però, sulla scena, diventa uno strumento coreografico, sottile e flessibile come un nastro che vola e si attorciglia. In una terra povera e desertica come il Ciad, la bellezza è un tesoro da costruire con la fantasia, e la rarità è la virtù delle cose che si trovano al confine della normalità, ad un passo dalla disgrazia, con un piede dentro quell’anticipo di morte che è la solitudine. La giovane Mimi, un’affascinante ragazza dal corpo di gazzella, è un gioiello sepolto nella polvere dell’emarginazione: figlia di una donna del posto e di un padre francese mai conosciuto, vorrebbe fare l’indossatrice, e intanto si guadagna da vivere come prostituta. Grigris, a sua volta, quando il patrigno si ammala e viene ricoverato in ospedale, per pagare le costose cure mediche si trova costretto ad arruolarsi in una banda di trafficanti di benzina. Ciononostante dovrà contrarre un debito e, per estinguerlo, si caccerà in grossi guai. Mai, come in questo caso, è la diversità a creare le storie, in cui l’esistenza è un’amara e stentata avventura incontro ad un miraggio chiamato felicità. Il sogno è tanto più grande quanto più è lontano, e per Grigris e Mimi è così smisurato da azzerare tutto il resto, come la paura, la vergogna, lo scrupolo della coscienza. Nelle circostanze estreme, ci si abbassa per potersi conquistare una dignità. I due protagonisti, per poter racimolare qualche soldo, si espongono alla curiosità altrui, non nascondendo nulla di sé. Ed è sulla scia di questa umile sincerità che potranno trovare rifugio l’uno nell’altro, ed iniziare così ad amarsi. Ciò avverrà nel segreto, dove si annidano tutti i sentimenti bisognosi di protezione. A questo racconto piace immergersi nel buio, per  recuperare, nel cuore della notte, ciò che il giorno insiste a negare: il benessere, anzitutto, ma anche la libertà di essere se stessi, coltivando i propri talenti alla luce del sole, senza scendere a squallidi compromessi con un destino avaro di opportunità. L’oscurità offre una via di fuga, lungo la quale, però, non si può correre: si continua, invece, ad arrancare, sotto il peso della fatica e della delusione, per trascinare taniche attraverso labirintici canali sotterranei, o per vincere l’imbarazzo di concedersi ad un estraneo di passaggio. La narrazione è esitante come lo stupore, trattenuta come il disagio, ed ha il respiro affannoso delle energie spese male. Al suo interno, sotto una spessa coltre di tedio esistenziale, resiste, intatta, una forza d’origine selvaggia, che ci riporta indietro di millenni, e che, pur essendo avversa alla morale e alla civiltà,  rappresenta infine la salvezza. Il cinema africano, secondo la lezione di Ousmane Sembene, deve presentare il continente nero come un mondo sempre in lotta contro poteri esterni alla sua cultura, però mai sconfitto: un universo eternamente capace di rigenerarsi, con le proprie magiche risorse, che  rispondono soltanto alle primordiali leggi cosmiche della vita che non si arrende.

 

 

Grigris, dopo aver ottenuto la nomination alla Palma d’oro a Cannes,  è stato selezionato dal Ciad come candidato al premio Oscar 2014 per il migliore film straniero.   

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