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Il capitale umano

Regia di Paolo Virzì vedi scheda film

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La recensione su Il capitale umano

di viacristallini99
7 stelle

Un banale episodio di cronaca viene rappresentato reiteratamente, così come vissuto da ciascun personaggio che ne è coinvolto, per poi ricomporsi in un finale a sorpresa da cui trarre quel messaggio che è alla base di ogni racconto.

Bisognerebbe leggere l’omonimo libro dell’americano Stephen Amidon (53enne di Chicago) per capire se la pellicola di Virzì sia interprete più o meno fedele di questo testo da cui trae l’ispirazione ed il titolo.  Certo non basta averlo ambientato nella nostra ricca ed opulenta (malgrado la crisi) Brianza per connotarlo di italianità; non si capisce quindi il risentimento di quei lombardi che si sono sentiti offesi per l’accostamento della vicenda al loro territorio. Al film è stata anche affibbiata l’etichetta di “commedia all’italiana”, cosa che decisamente non è.  Qui non c’è ironia, non scade la tragicità degli eventi per dar spazio alla trasformazione di personaggi ripugnanti in “poveri cristi”: il disprezzo per gli speculatori ed il disgusto per i falliti in cerca di squallide rivincite è totale e senza attenuanti. Ma non c’è, nel racconto, l’animosità che spinge alla ribellione: la casta, colpevole del tracollo economico e morale della società, è viva e reale ed ineludibile presenza nel nostro quotidiano e, come tale, ne esce ancora una volta vittoriosa. A questo scenario si contrappone, però -e fortunatamente-  una gioventù idealista che, pur deponendo le armi della lotta di classe, si riscatta dalla condizione di subalternità al sistema con il rifiuto di ogni connivenza, anche a costo di pagare un prezzo salato, ma giusto. Questo prezzo sarà, tuttavia, il corrispettivo per la conquista della felicità.

Dunque, un film decisamente positivo, che lancia un messaggio di speranza a quelli che non potendo cambiare il mondo, possono cambiare la loro condizione mediante la ricerca di un modo diverso di rapportarsi ad esso. Ciò può avvenire percorrendo senza esitazioni la strada della rettitudine morale anche a costo di rinunciare a privilegi ed agi.

Magnifica l’interpretazione di Valeria Bruni Tedeschi nella parte della moglie del ricco finanziere: personaggio fascinoso e denso di umanità ma non al punto di rinnegare la propria condizione di privilegiata.  Buono Lo Cascio nella parte dell’intellettuale innamorato e deluso per non essere riuscito a sottrarre la donna al suo mondo.   Bentivoglio interpreta in modo impeccabile il personaggio disgustoso del fallito  e ce lo rende nella sua spregevolezza senza scivolare, appunto, nel grottesco e nel patetico (come invece è quello di Verdone nel film “La grande bellezza”).  La Golino è fedele al personaggio di sempre, intelligente ed umana, e forse si fa fatica a vederla nei panni della moglie del repellente fallito.  Matilde Gioli (il cui nome e le cui labbra ci ricordano la Jolie), nella parte della ragazza che gira le spalle a quel mondo corrotto e disumano, si rivela una giovane e brava promessa per il cinema italiano.

Ma il più manifesto talento di Virzì si impone, in questo film, per il modo suggestivo ed efficace di raccontare:   un banale episodio di cronaca viene rappresentato reiteratamente, così come vissuto da ciascun personaggio che ne è coinvolto, per poi ricomporsi in un finale a sorpresa  da cui  trarre quel messaggio che è alla base di ogni racconto.  E’ con questo modo di raccontare, più che con la caratterizzazione dei personaggi, che si riconosce a volte l’intelligenza e la vera peculiarità della buona cinematografia nostrana.

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