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Foxcatcher - Una storia americana

Regia di Bennett Miller vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Foxcatcher - Una storia americana

di ethan
7 stelle

Per una volta, il sottotitolo italiano, 'Una storia americana', calza davvero a pennello per 'Foxcatcher', vicenda paradossale, assurda che, forse, solo in un paese dalle mille sfaccettature come gli USA poteva accadere.

Il terzo film di Bennett Miller, esperto nel narrare storie (dello spesso abusato termine, specie nella stagione cinematografica in corso) vere di persone più o meno famose - si pensi all'eccentrico scrittore Truman Capote in 'Capote', sottovalutato film d'esordio di Miller che consentì al compianto Philip Seymour Hoffman di vincere l'Oscar o al manager Billy Bean (Brad Pitt) che assembla un team (parola ricorrente nei film di Miller) di baseball basandosi sullo studio delle statistiche - anche se lontane per vissuto e personalità l'una dalle altre, porta sullo schermo i fatti, (conclusisi in tragedia), che ebbero per protagonista il miliardario John E. duPont (Steve Carell, irriconoscibile), che allestì nella sua proprietà tutte le attrezzature necessarie a consentire che si allenasse la squadra americana di lotta libera in vista delle Olimpiadi di Seoul '88, supervisionata da Dave Schultz (Mark Ruffalo) e che vantava anche la presenza del fratello Mark (Channing Tatum), entrambi vincitori nelle rispettive categorie di peso dell'Oro a Los Angeles '84.

I rapporti tra il miliardario e i due lottatori furono segnati dai bizzarri comportamenti del primo, persona a dir poco disadattata e solitaria, amante delle armi e fissata per la difesa personale e della sua tenuta e in cerca di un rapporto (forse) di amicizia con il prossimo, che sfociarono nell'omicidio del maggiore degli Schultz, Dave, nel gennaio del '96 con alcuni colpi d'arma da fuoco sparati da vicino e la successiva cattura, il processo e la condanna di duPont, con la sopraggiunta morte in carcere.

L'autore, come aveva fatto con il baseball, si approccia alla lotta libera evitando qualsiasi sensazionalismo e riducendo al minimo indispensabile gli eccessi spettacolari, filmando gli allenamenti e gli incontri di lotta libera nella maniera più neutra possibile, con lunghe sequenze in campo medio e pochi stacchi di montaggio, concentrando l'attenzione sull'analisi delle psicologie degli attori principali della sconcertante faccenda.

Se da un lato, il più giovane dei due fratelli, Mark - al quale Channing Tatum presta la sua debordante fisicità e al contempo la fissità dello sguardo - è ritratto come una persona fragile e rozza che trova nella lotta una valvola di sfogo ed è in pratica il tipico ragazzone all-american che, al di fuori del contesto dove meglio sa muoversi è un pesce fuor d'acqua, dall'altro Dave, il più anziano (anche se solo di un anno), è visto come una figura paterna e una guida, anch'egli gran lottatore ma capace di guidare un team, di farsi una famiglia e di avere un carattere e una personalità forti, ben rappresentate da un Mark Ruffalo appesantito per la parte; dulcis in fundo abbiamo il personaggio fulcro della storia, attorno al quale gli altri due ruotano e cioè il ricchissimo erede di una fortuna, ma che vive solo con la madre (Vanessa Redgrave) e la servitù un'esistenza priva totalmente di ogni legame affettivo con chicchessia, una specie di Charles Foster Kane dell'era moderna, drogato e megalomane: Steve Carell, scelto in controcasting da Miller, offre una performance a dir poco inquietante, poche parole ma sguardo allucinato, accentuato dal naso finto, con un'espressione sempre tra l'inebetito e l'incredulo, alla fine nessuno comprenderà le motivazioni - supposto ce ne siano - reali del suo comportamento e del suo gesto estremo e i giudici al processo gli negheranno l'infermità mentale. Un'interpretazione difficile da dimenticare e una prima nomination all'Oscar più che meritata per l'attore visto in innumerevoli parti comiche.

Oltretutto, la sua figura potrebbe essere vista come una metafora dell'ossessione, tutta americana, del controllo del prossimo, chiunque egli o esso sia, individuo o paese: una volta che il fratello Dave si frappone tra lui e Mark e non riesce più a tenerlo a bada e fargli fare ciò che lui vorrebbe, i suoi meccanismi mentali deragliano e accade l'irreparabile.

Unico neo, in una pellicola che ha il pregio, mancante in altre opere tratte da storie vere, di rappresentare i fatti senza 'abbellimenti' o falsificazioni per scopi drammaturgici, è la lentezza di alcune sequenze, tirate troppo per le lunghe.

Sienna Miller, in una curiosa analogia con 'American Sniper', interpreta la moglie di Dave Schultz, ossia ancora una donna che perderà il marito in modo tragico e violento.

Voto: 7,5 (visto in v.o.s.).

 

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