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Interior. Leather Bar.

Regia di James Franco, Travis Mathews vedi scheda film

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La recensione su Interior. Leather Bar.

di alan smithee
8 stelle

TORINO GLBT 2013. "Cruising" di William Friedkin resta di fatto uno degli esempi più clamorosi di accanimento da "indice" medioevale e da censura da regime dittatoriale, contro un'opera cinematografica, ma anche, e di conseguenza, contro il libero pensiero e la naturale espressività dell'arte; episodio increscoso secondo solo direi alle vicende travagliate di "Ultimo tango" di Bertolucci e per fortuna raramente verificatosi altre volte con il medesimo insensato accanimento.
L'insolita, inedita e dunque curiosa coppia formata da un noto regista gay come Travis Mathews (legato a questo film breve viene presentato pure il notevole mediometraggio intimo dello stesso autore, "In their Room: London", calda, scandalosa ma sincera confessione di alcune coppie di uomini  relativamente alla propria vita (omo)sessuale, narrata nell'intimità della propria camera da letto) e l'ancor più noto attore "bello ma intelligente" come James Franco si sono appassionati alla storia/leggenda dei 40 minuti misteriosi tagliati dalla censura al bellissimo film di Friedkin ed hanno, almeno inizialmente, concepito questa loro opera a quattro mani come un tentativo di riprodurre senza alcuna remora o falso pudore tutto quanto fu massacrato dalla tagliola del perbenismo e della bigotteria più intransigente e gretta di fine anni '70: la famosa lunga sequenza nel ritrovo gay newyorkese dove l'infiltrato poliziotto Al Pacino si introduce per indagare sul un pericoloso serial killer che semina morte e una lunga scia di sangue nel mondo della prostituzione e delle pratiche sessuali "forti" del mondo omosessuale. Il grande regista de "L'esorcista", in verità non nuovo a raccontare vicende ambientate in un microcosmo o comunità gay (Festa di compleanno del caro amico Harold), pare infatti abbia documentato scrupolosamente nel suo film dell'80, senza molti falsi pudori o disdicevole falso perbenismo, le pratiche più audaci comunemente oggetto di serate all'insegna della pelle e di pratiche feticiste.
Ma la leggenda vuole che almeno 40 di questi scottanti minuti siano stati fatti sparire e il film rimontato e storpiato del suo originale senso compiuto, rischiando di finire nella neanche tanto breve lista di opere disconosciute ed orfane targate "alan smithee".
Questo documentario interessantissimo e per certi versi sorprendente, nasce con la volontà di riprodurre quei minuti preziosi svaniti nel nulla: nasce dunque come un film di fiction, ma nel corso dell'opera si trasforma in un documento, una testimonianza personale su due uomini di cinema molto diversi e apparentemente lontani anni luce uno dall'altro, che intendono rigirare quelle scene, utilizzando a questo scopo un attore professionista che impersoni e sostituisca Pacino, attorniato da un gruppo di attori porno professionisti che diano vita alla rappresentazione senza falsi pudori dell'ambiente hard del locale che fa da sfondo all'indagine di polizia. Questa circostanza dà modo ai due registi di chiarire le motivazioni che li spingono ad una impresa che appare subito una sfida ardua e piena di pericoli. E se per Mathews l'impresa è coerente con il proprio mondo e rientra certamente nelle corde di un regista che continua, sia pure qui con sfaccettature più ampie, la sua indagine sul rapporto amoroso e di coppia rivolto al mondo gay, al contrario per la star James Franco l'occasione si presenta come un atto di coraggio quasi masochista che conosce pochi precedenti fino ad oggi. Un "all american boy" impegnato sino all'inverosimile in questi ultimi due anni, che si divide da tempo con straordinaria versatilità tra prodotti per famiglie (dal Pianeta delle scimmie-ultima puntata, al disneyano recente "Oz" di Raimi) e sperimentazioni d'autore come "Urlo" o opere di nomi illustri come Van Sant, Danny Boyle o Korine. Ma il coraggio di James Franco, attore eterosessuale intelligente ed impegnato, ma pure e prima di tutto adatto per un pubblico più aperto e variegato, e' quello di dichiarare apertamente e con una tranquillità quasi disarmante, che tuttavia gli fa onore, come per lui sia inspiegabile che nella Hollywood di oggi come in quella di cinquant'anni orsono sia ancora possibile che si possano far vedere a chiunque teste mozzate e sangue a fiumi e poi si censurino scene d'amore che possano cercare di raggiungere una dose di esplicito realismo, che si giustifica con una esigenza di veridicità spesso doverosa ed essenziale; o ancor di più come sia ormai possibile che una scena d'amore eterosessuale possa essere girata ed in fondo ormai accettata da tutto il pubblico, mentre possa essere ancora un tabù quello di rappresentare la stessa scena, ma che coivolga persone dello stesso sesso.
L'atto di Franco è più coraggioso di quanto si possa pensare: è la condanna all'oblio che ha rovinato diverse carriere, ma che sul candido e determinato attore americano scivola via senza arrecare danno, basti pensare alle decine di progetti messi a segno nell'ultimo biennio, tra regie ed interpretazioni che interressano tutti i generi e le categorie.
Questo "work in progress" di un progetto che muta le sue intenzioni e la sua natura nel momento della sua gestazione e del suo sviluppo, è a mio avviso l'aspetto più straordinario del film; un'opera che a quel punto si trasforma in un atto di coraggio, mettendo quasi da parte o in secondo piano la pur doverosa e originaria problematica di censura legata all'eccezionale e ingiustamente martoriato film di Friedkin, per toccare temi sociali e di costume ancora più importanti e scottanti.

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