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Pagate fratelli

Regia di Salvo Bonaffini vedi scheda film

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La recensione su Pagate fratelli

di lamettrie
8 stelle

Un buon film sull’intreccio tra Chiesa e mafia. Episodio che sembra singolarissimo, ma che storicamente non lo è: ottima un tal senso è la riproposizione televisiva della famosa posizione dell’allora cardinale di Palermo Ruffini, secondo cui «la mafia, come organizzazione, non esiste». Buon per lui; se però sia stato sincero, è assai temerario crederlo (o generoso, a seconda dei punti di vista).

L’agile lavoro (un’ora mezza) rappresenta fedelmente, a quanto si può capire almeno dalle testimonianze giudiziarie, una vicenda reale, quella dei frati-mafiosi a Mazzarino. Avvenuta tra gli anni ’50 e ’60, su cui da tantissimi anni sono calate le sentenze di tutti i gradi di giudizio, comprese quelle definitive.

L’impegno civile c’è tutto (come quello dell’encomiabile maresciallo), così come un’ottima fotografia. Peccato perche risulta ignoratissimo e quasi scomparso, questo film: infatti lo si può vedere forse solo su Youtube (e in video ottimo; peccato solo per il doppiaggio ritardato). Non si fatica a comprenderne al ragione: mostra crimini di uomini di Chiesa, crimini che allora venivano difesi in tutti i modi a molti livelli. Tra questi svetta quello politico, imperniato attorno alla Democrazia cristiana, e alla lotta contro il comunismo. 60 anni fa, la lotta cattocapitalista contro i cattivi “giudici comunisti” era già in voga e collaudata, come documenta la pellicola, con i frati intenti nella campagna elettorale a favore di Vaticano e Stati Uniti.

Ci sono validi esempi di affabulazione clericale: se (solo nel primo grado)  i frati sono stati assolti, è solo perché, dicono loro,  «la Madonna ci ha liberati… contro i giudici comunisti i santi non possono far nulla». Autodichiarazione dei santi, questa, che però non corrisponde al vero: il monastero è stato (stando alla più verosimile ricostruzione storica, che il regista mostra) attraversato con disinvoltura da prostitute, assassini, estorsori… che con i frati condividevano continuativamente intenzioni e opere, criminali. Il problema è stato ancor più grande, appunto, per l’omertà che l’istituzione cattolica ha cosparso attorno agli eventi. Come sempre. Il giudice di primo grado, assolvendoli, si lascia abbindolare dalla storiella secondo cui «i frati hanno aiutato le vittime a non peggiorare la situazione». Ma si fa di tutto per negare tutto il corposo e costante contributo fattivo che al crimine hanno recato tali religiosi, per interesse loro, economico e non solo. Le classiche ignoranza e disonestà intellettuale cattolica: del vero, vedere solo quel che conviene; il vero che non conviene, invece, non deve esistere; dunque, bisogna cercare di non farlo apparire. Ma, vien da dire: ciononostante, tale vero sgradito resta comunque vero, per quanto si faccia di tutto per ignorarlo e  farlo ignorare.

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