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Il prefetto di ferro

Regia di Pasquale Squitieri vedi scheda film

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La recensione su Il prefetto di ferro

di mm40
6 stelle

Una delle grandi, fantastiche, straordinarie, immaginifiche, pirotecniche leggende del (purtroppo mai sepolto) culto fascista è quella che sostiene che 'il Duce ha sconfitto la mafia'. Ineccepibile credere alle favole, finchè si hanno quattro-cinque anni: poi si cresce e si smette di credere ciecamente in personaggi improbabili e gesta epiche del tutto inverosimili; allo stesso modo un italiano adulto sano di mente dovrebbe dubitare della sensatezza di un'ipotesi dittatoriale per il suo Paese: ci si è arrivati, sì, ma solo dopo vent'anni di dolore, morte e rinunce quotidiane. Curiosamente il percorso politico personale del regista Squitieri è invece l'opposto di quello appena citato: in tarda età destroidissimo (dire 'tardo destroide' poteva sembrare perfino più offensivo), da giovane impegnato nella Lotta continua della sinistra extraparlamentare. Lo dimostra anche questo chirurgico apologo antifascista che prende spunto da un romanzo di Arrigo Petacco (anche autore del soggetto insieme a Ugo Pirro e della sceneggiatura insieme al regista) e che va a scoperchiare il pentolone della leggenda accennata in apertura, quella insomma relativa al prefetto di ferro, al prefetto Mori. Uomo di polso, ma non per questo legato ad alcuna corrente politica: soltanto onesto e desideroso di far rispettare le leggi sopra ogni altra cosa; Mori ingaggiò una feroce battaglia contro la mafia e ne uscì parzialmente vincitore, come è noto, ma sconfitto da una promozione (a senatore, con conseguente invio a Roma) che aveva tutto il gusto di una rimozione. La vittoria di Mori è però tutta morale, avendo dimostrato le salde collusioni fra malavita organizzata sicula e gerarchi del fascismo, e ammutolendo così con il suo operato i 'grandi capi' del partito mussoliniano sulla questione mafia. Mussolini non fece tacere la mafia: semplicemente ci andò a nozze, facendo lauti affari alla stessa maniera in cui il suo emulo Berlusconi farà soltanto qualche decennio dopo, approfittando della proverbiale scarsa memoria degli italiani. Ma questo è un altro discorso. Il prefetto di ferro è un film che ha tutti i diritti di appartenere al filone del cosiddetto cinema civile ed è anche una delle più riuscite opere di Squitieri, meritevole non a torto del David come miglior film nel 1977; buona parte del merito va anche al cast, decisamente funzionante: Giuliano Gemma è il protagonista, ma attorno a lui si trovano nomi come quelli di Stefano Satta Flores, Francisco Rabal, Claudia Cardinale (compagna del regista) e in parti minori anche Lina Sastri, Enzo Fisichella e Rik Battaglia. Colonna sonora di Morricone (non esaltante, ma sufficiente), montaggio di Mastroianni, fotografia Silvano Ippoliti. 6/10.

Sulla trama

Il prefetto Mori arriva a Palermo negli anni '20 del Novecento; comincia una lotta alla mafia storicamente senza eguali, ma quando viene a scoprire le collusioni fra malavita e gerarchi fascisti, improvvisamente Mori viene nominato senatore e trasferito a Roma.

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