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Il postino suona sempre due volte

Regia di Bob Rafelson vedi scheda film

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La recensione su Il postino suona sempre due volte

di Furetto60
6 stelle

Quarta e ultima, per il momento, trasposizione cinematografica, ispirata all'omonimo romanzo di James C.Caine, forse la più famosa ma non la migliore

Siamo agli inizi degli anni trenta, nel mezzo della Grande Depressione Statunitense, il vagabondo perdigiorno Frank Chambers, alias Jack Nicholsonsi barcamena alla men peggio, vivendo alla giornata; un giorno si ferma in una tavola calda, a Santabarbara in California; il locale poco frequentato è di proprietà di Nick Papadakis  e da lui gestito insieme alla moglie Cora Smith, la bella Jessica Lange, nel fiore degli anni. Nick gli offre un lavoro di meccanico nell'annessa stazione di servizio e Frank accetta, completamente ammaliato dalla splendida Cora.

Tra Frank e Cora nasce una focosa “liaison”, che divampa e culmina nella famosissima e citatissima scena del coito sul tavolo della cucina, uno dei momenti più hot della storia del cinema. Cora, sposata con un uomo rude, bolso e molto più vecchio di lei, che detesta in silenzio, persuade Frank a eliminarlo, così che possano trascorrere finalmente la loro vita insieme, senza più ostacoli. Dopo un primo tentativo miseramente fallito, i due ci riprovano e Nick finalmente muore, ma l’uomo propone e Dio dispone, le cose prenderanno ben altra piega.

Da un grande classico della letteratura americana,il romanzo di Caine che risale al 1934, ne sono derivate  diverse trasposizioni; il cult  del 1946 è stato un indimenticabile “hard boiled”, diretto con maestria da Tay Garnett e la protagonista femminile era la magica Lana Turner,  “femme fatale” avvenente e conturbante, esprimeva un fascino sinistro, incarnando la  perfetta dark lady, che ben si calzava al senso della storia, con la cornice di una magnifica fotografia livida e fredda, metafora di un’America prostrata dalle conseguenze economiche del famoso crollo di Wall Street.  Questa quarta versione, diretta da Bob Rafelson fedele alla trama originale, pur potendosi avvalere di una più esplicita crudezza, appare come un opaco e lento “noir erotico”, brutale e volgare, laddove quello di Garnett esibiva una passionalità più suggerita che esposta, ma suggestiva e di grande effetto; con tutto il rispetto per la Lange, il paragone con la sensuale e voluttuosa Turner è improponibile.

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