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A Hijacking

Regia di Tobias Lindholm vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su A Hijacking

di alan smithee
8 stelle

Bel film danese che affronta le problematiche, economiche ma soprattutto morali, che vengono a crearsi presso la dirigenza di una società marittima, una cui imbarcazione mercantile viene assaltata da una squadra di pirati somali a scopo di estorsione.

Nel battello i contrabbandieri trovano nel biondo e pingue cuoco Mikkel, la persona strategicamente più idonea (per sensibilità, fragilità e ruolo fondamentale ricoperto in quel microcosmo in mezzo all’oceano, dove il cibo va non solo preparato, ma conservato e razionato con parsimonia) per condurre la serrata trattativa che si protrarrà per quasi 200 giorni di incessanti scambi e confronti che vedono contrapposti due lati di una stessa umanità, ma che più opposti ed eterogenei non potrebbero.

Il film alterna con taglio molto realistico e senza concessioni ad una narrazione che potrebbe facilmente scadere nel melodrammatico, lo shock quotidiano e senza fine del povero cuoco (l’orrore di vivere il giorno intero in balia di gente senza legge né regole che ti considera solo una merce di scambio altamente surrogabile),  e dell’intero equipaggio preso in ostaggio (circa una decina di uomini), l’ansia dei familiari del cuoco e degli altri prigionieri, e le mille peripezie dell’amministratore delegato, in prima persona impegnato nella difficile negoziazione. In questo contesto lo spettatore viene catapultato in mezzo ad una trattativa serrata che tende da parte dei somali a sfiancare l’azienda titolare dell’imbarcazione con offerte via via decrescenti che tuttavia non riescono mai a giungere ad un accordo conclusivo. Dall’altra parte il manager Peter, apparentemente duro e di polso, abbandona presto la fredda impulsività che lo rende nel business uno spietato squalo di trattative commerciali serrate e sempre vincenti, per sposare con tutto se stesso (e con parte delle disponibilità personali laddove gli azionisti inflessibili risultano non transigere al di sopra della somma concordata per il riscatto) la causa dei suoi dipendenti.

La questione va per le lunghe, la contesa si fa sempre più pressante e l’amministratore delegato, che sceglie di condurre le trattative di persona, (ri)troverà quell’umanità e una sensibilità che forse nemmeno lui ipotizzava di possedere. Dal lato degli ostaggi assistiamo alla discesa negli inferi dell’orrore da parte di un sempre più alienato Mikkel, sottoposto ad una tortura psicologica che spazia dalla roulette russa improvvisata con un mitra puntato sul collo, alla macellazione con metodo barbaro e devastante  dettato da principi religiosi assurdi, di tre capretti portati a bordo per approvvigionare scorte ormai agli sgoccioli.

Duro e serrato, spigoloso nella narrazione che scandisce situazioni ed avvenimenti senza curarsi di mantenere un filo cronologico che possa risultare accattivante, il film (d'esordio?) di Tobias Lindholm, presentato a Venezia Orizzonti del 2012, è molto riuscito e shoccante; una ulteriore conferma della forma smagliante di una cinematografia che si impone spesso per qualità e determinazione nell'affrontare con piglio concreto e incisivo le più disparate argomentazioni trattate.

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