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Il potere dei soldi

Regia di Robert Luketic vedi scheda film

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La recensione su Il potere dei soldi

di mc 5
8 stelle

Non so bene nemmeno io cosa mi abbia convinto a vedere questo film, anche perchè dalla nostra critica ha incassato solo stroncature, alcune anche piuttosto pesanti. E invece si è rivelato una piacevole sorpresa. Nulla per cui stravedere, è chiaro, ma in ogni caso un buon prodotto medio per un pubblico main stream da multisala. Ma prima di approfondire desidero affrontare subito un equivoco che ho colto in alcune delle recensioni finora pubblicate. Il titolo, lo ammetto, è fuorviante e riconduce immediatamente a "Wall Street", però non posso tollerare che il film venga associato per comodità alle pellicole sulla finanza e sulle banche. Qui si parla, è vero, di denaro e di potere, ma lo sfondo è decisamente diverso da quello dei film sulle manovre di avidi speculatori finanziari. Qui si parla del mondo dell'alta tecnologia, un universo fatto di segreti industriali che implicano affari di portata incalcolabile, rivalità spietate e feroci tra le compagnie leader di questo settore. Anche chi, come il sottoscritto, non ha alcuna famigliarità con la tecnologia, è comunque consapevole di come il futuro dell'economia si giochi in gran parte sul tavolo dell' Hi Tech, un mercato estremamente turbolento, in continuo movimento, che oltretutto sovrasta le nostre vite condizionandole pesantemente. Diciamo che gli aspetti prevalenti di questo fenomeno, per quanto attiene ai grandi cambiamenti sociali, sono essenzialmente un paio. Prima di tutto, l'idea di partenza che muove tutto questo mondo coincide col concetto base che l'obbiettivo finale è sempre quello di migliorare le nostre vite, di ridurre in ogni modo le distanze e soprattutto i tempi. Insomma renderci la vita più comoda facendoci risparmiare tempo (per cosa, poi? per oziare o per avere più tempo per lavorare? Mah). E c'è inoltre l'aspetto più "ingombrante", peraltro uno dei problemi più discussi del nostro tempo, vale a dire che l'alta tecnologia può essere (anzi, lo è) un enorme mezzo per controllare le nostre vite, i nostri gesti quotidiani, le nostre scelte legate ai prodotti industriali che consumiamo ogni giorno. Sono temi pesantissimi, che il film affronta in modo dinamico e in forma di thriller vagamente ansiogeno; certo, è una fiction, ma può indurre lo spettatore alla consapevolezza che anche qua, come nel mondo della finanza e delle grandi banche, esistono squali pronti ad ogni mossa, anche scorretta, pur di stendere l'avversario. Al centro ideale del film quel meccanismo irreversibile innescato dall'alta tecnologia che spesso maschera, dietro un'idea di progresso e di conquista della conoscenza, un concetto di società dove tutti noi ci illudiamo di essere sempre più liberi in quanto più "comodi" ma in realtà siamo sempre più sotto controllo, catalogabili, classificabili e dunque sottomessi. Ma c'è poi un altro aspetto, da cui, narrativamente, prende le mosse la vicenda, cioè il desiderio da parte di un ragazzo di 27 anni di scacciare l'ossessione di un'esistenza precaria per realizzare un sogno, quello di godersi la vita, entrando in quel mondo ("al di là del ponte") fatto di macchine di lusso, belle donne, spregiudicatezza sul lavoro, nessun vincolo etico, insomma vivere senza ostacoli. Questo è quello che sogna Adam Cassidy, figlio di un'umile guardia giurata. Adam è un talento in fatto di inventiva tecnologica ma non riesce a svoltare, a rimuovere il proprio status di squattrinato. Ma il ragazzo, anzichè deprimersi, coglie al volo un'occasione che pare fatta apposta per lui, salvo poi scoprire troppo tardi di aver venduto l'anima al diavolo. Nel senso che verrà "usato" da due boss -acerrimi rivali- del mercato dell' Hi Tech, due mastini, due leader aziendali senza scrupoli che pensavano di sfruttare il talento di Adam come pedina nella loro guerra spietata, ma alla fine sarà lo stesso Adam, consapevole dei suoi errori, che troverà la forza per inchiodare i due individui annientandone la fame di potere e di soldi. Sono presenti frasi che sembrano scolpite nel marmo, quasi fossero parte di un decalogo di chi vive sotto il segno del "potere dei soldi". Solo un paio di esempi. "La potenza è il succo della vita: bevilo!", e soprattutto: "Al mondo tutti rubano, non c'è giusto o sbagliato ma solo Vittoria o Sconfitta". Parole che, per quanto collocate in un contesto romanzato ad uso fiction, rispecchiano verosimilmente avidità e cinismo reali. Quanto al cast, è formato da bravi attori tutti in parte, a cominciare dalla coppia protagonista, il Liam Hensworth di "Hunger games"e la clamorosamente graziosa Amber Heard. Discorso a parte per i due veterani di lusso Gary Oldman e Harrison Ford. Non sono d'accordo con quei critici che hanno parlato per loro di "recitazione al minimo sindacale". Al contrario, ho trovato i due vecchi leoni perfettamente funzionali ai rispettivi ruoli, cui conferiscono tutta la loro esperienza; Ford appare qui in veste per lui del tutto inedita, mentre Oldman è luciferino e disturbato al punto giusto, come solo lui sa fare.


Voto: 8

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