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La perdizione

Regia di Ken Russell vedi scheda film

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Charlus Jackson

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La recensione su La perdizione

di Charlus Jackson
8 stelle

E' la prima volta che sono il primo tra tutti a stilare l'opinione su di un film. E tale indifferenza, lasciatemelo dire, questo film non la merita proprio. Innanzitutto, precisiamo che il connubio tra il cinema visionario di Russell e la musica surrealista del Mahler non poteva che funzionare. Fin dall'inizio lo spettatore è preso in un vortice fatto di sogni, incubi, deliranti trasfigurazioni ed allucinazioni: Gustav Mahler, maestro del decadentismo musicale, vicino alla morte, gravemente ammalato, è in viaggio in treno per tornare in Austria e ricorda... Russell esplora le ossessioni personali di Mahler, dunque possibilissimo che chi non conosce a fondo questa figura di musicista trovi alcuni momenti troppo kitsch, ma tutto torna: quando da piccolo, lo svelamento delle verità sessuali lo rese più che mai sconfortato e sfiduciato, il tema del "sangue" metaforicamente inteso come liquido che prorompe dalle ferite dell'umanità... E Russell parla anche delle proprie ossessioni, ovviamente: mentre Ciajkovskij, cui aveva dedicato un'altra biografia-capolavoro, viene citato di rado ma con quella riverenza anche spiritosa ma sempre profondamente ammirata che si riserverebbe a un grande maestro, dell'odiato Wagner viene fatta intonare una parodia delle più intelligenti che abbia mai trovato al cinema: come quando Mahler, ebreo, decide di convertirsi al cristianesimo per sospette opportunità politiche, e allora Cosima Wagner, notoriamente antisemita, in abito da nazista, frusta e coltello in mano (la locandina si riferisce a questo momento), viene messa alla berlina mentre si esalta intorno a una Croce che in realtà è una spada gigantesca. Dopodichè la dicitura "e venne il film sonoro", e allora sulle note della "Cavalcata delle Valchirie" Cosima Wagner sbraita "non sei più ebreo". Si, insomma, si dirà, il solito Russell alle prese con la dissacrazione burlesca e kitsch. Intanto è stata una delle prese in giro verso un movimento culturale (quello del wagnerismo trasfiguato in pangermanismo) più elegante e azzeccata che abbia mai visto al cinema. Dopo questa sorta di incubo, Gustav si rende conto di quanto il "dovere uccide", e consente alla moglie di scegliere con che uomo andare... la scelta di costei lo farà inneggiare "ho finalmente trovato la vita", nonostante la sua malattia sia irreversibile; di qui il titolo inglese, ampiamente deturpato in italiano, "Mahler is still alive", mentre lo spettatore è preso da una sorta di liberatoria disperazione, di pianto per la fine dei sogni e delle speranze consumate dall'incessante scorrere del tempo e del dato fisico.

Sulla colonna sonora

Sulle note deliranti di alcuni fra i più celebri movimenti mahleriani, crea sublimi momenti intrecciati musica-immagine-delirio.

Su Robert Powell

Un intensissimo Gustav Mahler, da oscar direi addirittura.

Su

Mano da maestro all'inverosimile, lui rappresenta un UNICUM in tutta la storia del cinema: nonostante i continui apprezzamenti (conditi da qualche "eccessivo e morboso") è semplicemente misconosciuto. Un GENIO come pochissimi altri nel cinema. Come dicevo riesce a fondere in maniera straordinaria la sua visionarietà oniristica con il surrealismo estetico del Mahler sinfonista, con esiti che esplorano il di dentro dell'artista e della sua "visione" con una riuscitezza sublime.

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