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Seafood. Un pesce fuor d'acqua

Regia di Aun Hoe Goh vedi scheda film

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La recensione su Seafood. Un pesce fuor d'acqua

di OGM
8 stelle

Dopo la Corea del Sud, la Malesia. Un altro cartone animato asiatico sta per approdare nelle nostre sale,  a pochi giorni di distanza da Leafie, per offrirci, rispetto alle favole disneyane, uno sguardo ben più disincantato sul mondo degli animali e sul rapporto tra questi e l’uomo. Il fondale marino non è un paradiso sommerso. È la sede di una catena alimentare, le cui regole sono scritte nel patrimonio genetico delle specie viventi. Lo stesso mare è una risorsa a cui noi possiamo attingere sostanza per il nostro sostentamento: è una ricchezza che è legittimo sfruttare, ma di cui troppo spesso, irrispettosamente, si abusa. C’è chi mangia per necessità e chi per cupidigia. Il naturale appetito si può controllare - e lo squalo Julius ne è l’esempio – ma la fame di denaro è irrefrenabile. Ci sono crudeli predatori per istinto – come i mostruosi abitanti delle profondità senza luce – ed altri, ancor più spietati, che lo sono per calcolo, come i pescatori di frodo, o anche gli inquinatori, che, spinti dall’impulso di divorare ogni cosa, distruggono l’ambiente. Il messaggio, morale ed ecologico, è affidato al classico codice fiabesco degli animali personificati, capaci di provare emozioni, pensare, parlare. La tecnica è basata su una computer graphics già ampiamente collaudata, che non riserva particolari sorprese sul piano dello stile. Il tutto, però, è sapientemente calato nello scenario orientale, non solo per gli elementi paesaggistici tipici delle coste dell’Oceano Indiano (i villaggi di barche), i riferimenti alle usanze locali (gli aquiloni) e per i tratti somatici delle figure umane, ma anche per le esplicite citazioni cinematografiche, che riprendono, con una parodia contenuta entro i giusti limiti, alcuni elementi dei film d’azione made in Hong Kong o ispirati alle arti marziali. La violenza diventa drammaticamente espressiva, a tratti frenetica e tale da trasformare la furia di un inseguimento in una spettacolarità adrenalinica, tendente al carattere coreografico di stampo hollywoodiano, eppure non così decorativa e rigorosamente disciplinata come nei musical o nelle comiche americane. Il realismo, come si addice ad un’opera destinata a bambini (è coprodotta da Al Jazeera for Children) si stempera abbondantemente nell’immaginazione, senza però che questa sia mai utilizzata per smussare gli spigoli o correggere le imperfezioni dei dati di fatto. Il camuffamento, se c’è, è quello vagamente caricaturale delle maschere del teatro kabuki, che esaltano, in maniera simmetrica, la gioia e la tristezza, il bello e il brutto. A tutti i personaggi, in questa storia, è dispensata un po’ di debolezza, di mancanza di giudizio e di miopia. I loro difetti si compensano a vicenda, cosi che è l’unione a fare la forza, ed è il dialogo a prepararla. Prendere decisioni è un atto coraggioso, però avventato, se scaturisce come un’iniziativa puramente individuale (come per il piccolo Pup, che si improvvisa eroe per salvare un gruppo di uova di pesce prossime alla schiusa) mentre l’impresa collettiva, accompagnata dalla discussione, conosce uno sviluppo magari non sempre lineare, ma comunque sostenuto dalla logica (vedi il curioso scambio di idee dei galli e delle galline intorno alla comparsa, presso il loro pollaio, di un misterioso robot acquatico piovuto dal cielo). L’ingegno (incarnato principalmente da Octo, il polpo inventore), pur dando luogo a creazioni fantasiose (vedi le mosse da karateka del granchio che lotta lanciando piatti) non è mai parente della magia, perché è sempre governato dalle leggi meccaniche di causa ed effetto, soggetto ai vincoli del possibile, esposto ai guai dell’imprevisto. Nulla è certo, tutto è argomento del dubbio (anche l’eventualità che Julius, un giorno, possa cedere alla tentazione di cibarsi dei suoi amici). Seafood racconta il gioco della vita con i suoi interrogativi, le sue ingiustizie, i suoi pericoli, che non finiscono mai, e ci chiedono di essere costantemente vigili ed attivi, impedendo che chiunque, buono o cattivo che sia, venga lasciato solo.

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